“Gli elementi indiziari consentono di affermare che i due indagati, già all’epoca in cui venivano svolte le indagini relativi all’estorsione in questione, in virtù del rapporto privilegiato intrattenuto con Massimo Perrone, gravitavano nella fazione del clan dei Casalesi facente capo alla famiglia Bidognetti. Tuttavia, a fronte di tali convergenti elementi indiziari, il provvedimento impugnato non faceva chiarezza sulla natura del contributo causale prestato alla consorteria in esame, rispetto alla quale appariva indispensabile affrontare preliminarmente il problema dell’affiliazione dei due soggetti al clan Gallo, così come riferita dai collaboranti Antimo Di Donato e Luigi Moschino“. Con queste motivazioni il Tribunale del Riesame di Napoli ha accolto la richiesta della DDA di Napoli.
Gli inquirenti, in sostanza, avevano chiesto la riapertura del processo a carico di due esponenti del clan Bidognetti, Mario F. (43 anni) e Francesco P. (41 anni). I due furono scarcerati perché la loro posizione nei confronti del clan Bidognetti, fazione di origine del clan dei Casalesi. Grazie alle dichiarazioni dei pentiti Antimo Di Donato e Luigi Moschino, però, i nodi sono venuti al pettine. La posizione dei due indagati è, ora, chiara. E grave. Sul di loro pendeva un’accusa di associazione esterna e di estorsione ad un imprenditore di Aversa. Ora, con le ricostruzioni dei pentiti, l’associazione a delinquere è di stampo camorristico. I due rischiano una condanna pensantissima.
