«Avevo espresso la mia solidarietà a Gino, anche se molto dubbiosamente, ma così passano concetti sbagliati siamo presenti, con la mia famiglia, con tre locali di nostra proprietà al centro storico, e non abbiamo mai avuto richieste di alcun tipo. Mi pare strano che negli anni, queste cose capitino sempre e solo a Sorbillo. Non mi sono espresso fino ad oggi perché non ho voluto far pensare a nessuno che mi volessi fare pubblicità. Non ci serve a nulla accendere i fari sulle nostre attività in questo modo. Piuttosto che un pizzaiolo l’amico Sorbillo, in questo caso, mi è sembrato un piazzaiolo, uno alla ricerca di facile pubblicità, quella della piazza». Se non è un attacco frontale, quello di Giuseppe Vesi, cos’è? Un richiamo, da collega a collega, anche. Certo. Ma sono parole che fanno riflettere e che spingono il ragionamento di chi osserva da esterno su un’altra questione, a questo punto primaria: la comunicazione. Di Sorbillo, chiaramente.
Prima di Vesi, anche la Lucarelli ci era andata giù pesante con Sorbillo
Contro Sorbillo si è scagliata anche la pettegola d’Italia per eccellenza, Selvaggia Lucarelli. Ospitata sulle colonne de Il Fatto Quotidiano, non si è risparmiata, criticando duramente Sorbillo e il suo modo di comunicare le sue ragioni. La Lucarelli è celebre proprio per i toni aspri e pungenti, anche se spesso e volentieri le argomentazioni lasciano a desiderare. Che anticipino le parole di Giuseppe Vesi, altri pizzaiolo al top nel mondo, è però un segnale inequivocabile. Sorbillo sconfina, saltellando dal torto alla ragione pericolosamente. L’effetto boomerang di una comunicazione del genere può essere assai doloroso, al netto della sua pizza meravigliosa. “L’importante è che se ne parli”, si dice. Troppo spesso si trascura il come, però. La domanda che ci si pone, a questo punto, è: chi ha bisogno di questo – ennesimo – teatrino che non fa altro che mettere in cattiva luce la città di Napoli?
