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martedì, Aprile 16, 2024
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Trema la nuova Camorra, si pente l’uomo chiave dell’omicidio del baby boss di Napoli

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Ricorda quegli anni con dolore, ma quando pensa ai giorni nuovi e al proprio futuro riesce a vedere la luce. In tasca da qualche mese ha un diploma di terza media, una conquista per uno come lui, nato e cresciuto in uno spazio di poche decine di metri, leggi via Oronzio Costa, per la cronaca «via della morte». È qui che ha imparato le regole del crimine ed è qui che ha seguito boss e aspiranti tali, nella terribile girandola di morte che ha insanguinato Forcella un paio di anni fa. Storia di «paranze» e di guerre di camorra, lui se l’è messe alle spalle.

Forte di quel diploma di terza media, forse spaventato per una prospettiva di venti anni di cella, ha un solo sogno nel cassetto: lavorare. Già, lavorare, se è possibile, nel campo del turismo, se è possibile lontano da zone infestate da boss e rampolli, faide e omicidi, stese e agguati. Eccolo l’ex specchiettista del clan Buonerba, R.D.B., l’ex aspirante killer del gruppo criminale reduce della guerra a quelli della paranza dei bimbi. Minorenne con accuse da brividi addosso, ha deciso di cambiare vita.

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Under 18, ma in grado di dare coerenza alla scelta di lasciare Napoli, di seguire un programma di protezione, in vista di una messa alla prova che vale come ultima spiaggia a meno di venti anni, come unica possibilità di riscatto.
Via da Napoli, dunque, via dalla strada della morte. Pronto comunque a fare la sua parte nel corso di indagini e processi che seguiranno e che si rafforzeranno anche grazie al suo contributo, grazie alla decisione di chiudere i conti con una storia criminale iniziata da ragazzino, in forza a una paranza che si contrapponeva a quella «ufficiale» di Emanuele Sibillo. Storie che si intrecciano, tra stese e appostamenti, nelle notti passate appoggiato su un cofano delle auto civetta parcheggiate all’inizio di un vicolo – sempre lì, in via Costa – ad attendere ragazzi della sua età che imperversavano ai tempi della guerra con quelli degli Amirante-Brunetti-Giuliano-Sibillo. C’è una data in particolare, scolpita nella sua mente, oggi al centro di verbali all’attenzione della Procura dei minori. Lui, l’ormai ex rampollo del clan Buonerba, aveva un solo obiettivo, sapeva cosa fare in quell’estate di due anni fa.

Era la notte del 30 giugno del 2015, quando quelli della «paranza dei bimbi» (espressione usata la prima volta da una donna di Forcella spaventata per la guerra armata tra bande di ragazzini) provarono l’ennesima incursione in via Costa, la strada della paura dove erano arroccati i nemici dei Buonerba.

La storia la conosciamo: Emanuele Sibillo, all’epoca non ancora ventenne, doveva vendicare il ferimento di tre suoi affiliati, dopo una stesa andata male. Venne colpito alle spalle, ucciso al termine dell’inferno scatenato dal suo raid. Una vicenda in cui R.D.B. ha svolto un ruolo, secondo quanto confermato in questi mesi ai pm della Procura minorile. Un ruolo marginale, ma pur sempre operativo. Un racconto tutto d’un fiato, che indugia in particolare sulla conferma delle accuse che lo hanno riguardato, al termine delle indagini della Procura minorile e della Dda di Napoli. E non è stato l’unico «appoggio» offerto da parte del minorenne, che in questi mesi è stato accusato anche di un altro omicidio: secondo gli inquirenti, avrebbe svolto un’azione concreta anche nel corso di un altro delitto «eccellente», quello di Salvatore D’Alpino, ucciso il 30 luglio del 2015, all’esterno di una pizzeria in zona Maddalena. Anche per l’agguato costato la vita a «’o brillante», R.D.B. avrebbe svolto un contributo.

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