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VIOLENZA SUI MINORI: «LE PICCOLE VITTIME NON SONO PIU’ INVISIBILI»

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Ora i casi violenza sui minori li vediamo. E non perché sono aumentati, ma solo perché ci siamo messi gli occhiali», dice Francesco Montecchi, neuropsichiatria infantile, trent’anni di esperienza sul campo, fino a dicembre scorso primario del Bambin Gesù di Roma e adesso direttore del progetto Il girasole. Il professore è arrivato a Villaricca per formare gli operatori sociali dell’Ambito 1. «È difficile sostenere semplicemente che siano aumentati perché i bambini sono da sempre oggetto di minacce e abusi. Ora intervengono due variabili: c’è più attenzione per i diritti dei bambini, gli operatori hanno più strumenti per riconoscere abusi e maltrattamenti». La maggior parte degli abusi si consuma proprio nel contesto in cui dovrebbero essere più protetti. Come mai? «Il bimbo può essere sentito come una minaccia dai genitori. Per la madre, sin dall’inizio della gravidanza nel caso in cui non risponda alle proprie aspettative e per questo gli attribuisce una valenza negativa e, quindi, persecutoria. Anche il padre si sente minacciato nel caso in cui tema che il bimbo possa distogliere da lui le attenzioni della madre». Ma quali sono i contesti a rischio? «Capita sempre più spesso che i genitori agiscano sulla propria esperienza di figli. Nel senso che c’è il rischio di una catena transgenerazionale: i genitori ripropongono con i figli la propria esperienza. Molti genitori violenti sono stati bambini abusati». C’è un aspetto positivo che si può cogliere oggi? «Adesso i professionisti dell’infanzia possono rilevare meglio perché sta lievitando la cultura internazionale degli abusi sui minori i bambini e ci si accorge anche in Italia che questo fenomeno esiste». Ma come si rileva la violenza? «Il professionista può contare sulla sua preparazione, ma anche sulla variabile emotiva che gli consente di reggere alle emozioni, mi creda penose, che suscita una situazione così pesante. Se non è forte, c’è il rischio, poiché soffre a sua volta, che le rimuova o neghi». Quali strategie? «Diffondere la cultura degli abusi, che esistono e vanno sconfitti. I professionisti poi devono lavorare in sinergia, chi si ostina a non portare all’esterno il problema dei bimbi e di lavorare da solo, come può pensare di fare un insegnante, fallisce. L’ideale è la suddivisione di compiti, ma integrati tra di loro tra vari professionisti. A roma esistono linee telefoniche 24 ore su 24 destinate ai professionisti che hanno bisogno di confrontarsi con altri esperti per decidere le linee d’intervento».

TONIA LIMATOLA

IL MATTINO – 10 MAR 2007

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