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venerdì, Aprile 26, 2024
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Choc nel napoletano, ragazzini simulano in strada un maxiprocesso di mafia

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Scioccante quanto successo nell’Area Nord di Napoli. Nelle ultime ore infatti è stato diffuso sui social, in particolar modo su TikTok, un filmato in cui si nota un gruppo di sette ragazzini, di cui cinque che simulano i boss di Cosa Nostra, e due, incappucciati, che simulano invece gli agenti della Penitenziaria nell’atto di condurli, uno a uno, a processo.

Ragazzini si fingono boss stragisti e simulano un maxiprocesso di mafia

Nel video si notano i ragazzi, in strada, che si chiamano ad uno ad uno, come se si trattasse di un appello, affibbiandosi nomi che non sono i loro, bensì quelli dei mafiosi e delle rispettive condanne.

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“Michele Greco, ergastolo; Salvatore Manfellotto, ergastolo; Bernardo Provenzano, ergastolo; Salvatore Riina, ergastolo; Salvatore Madonia, ergastolo…”. Per ogni nome un ragazzino viene prelevato da due coetanei che interpretano il ruolo di agenti di polizia penitenziaria, come se ci si trovasse nel chiuso di un’aula di giustizia, al termine del maxiprocesso ai capi di Cosa Nostra.

Scene destinate ad essere approfondite, a undici giorni dall’arresto di Matteo Messina Denaro, in un Paese che si interroga sul sistema di protezioni assicurato all’ex padrino latitante, ma anche sui silenzi che hanno scandito la grande fuga del boss stragista.

I ragazzini appartenenti a famiglie legate ai clan cittadini

Scavando nella vita privata dei ragazzini protagonisti nel video, si è scoperto che appartengono a famiglie legate ai vari clan cittadini dell’hinterland napoletano. Sui loro profili social hanno postato foto e video in cui li si nota a guidare auto non omologate per chi non è ancora in possesso della patente di guida in quanto, appunto, minorenni, oppure mentre usano toni e riferimenti minacciosi nei confronti di fantomatici avversari da abbattere.

Sul caso indaga la Procura per i Minori, ufficio guidato dal procuratore Maria De Luzenberger, anche alla luce delle parentele dei ragazzini finiti al centro delle indagini. Un episodio che conferma il fascino esercitato dalla mafia anche nei confronti di soggetti giovanissimi, nati e cresciuti almeno un paio di decenni dopo gli ergastoli comminati ai capi di Cosa Nostra.

 

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