Piove sul bagnato per Nicola Cosentino. Piove a dirotto. Una specie di pioggia torrenziale che non si ferma mai, che quasi toglie il respiro. Lo scorso 3 febbraio, l’ex sottosegretario di Forza Italia vide l’ultimo spiraglio di luce. I giudici della sesta sezione della Corte d’Appello di Napoli hanno deciso di revocare gli arresti domiciliari ai quali era costretto da circa 4 anni. Uno spiraglio di luce assai debole e fugace. Dopo qualche giorno, il 16 marzo, l’ennesima frana giudiziaria travolge Nicola Cosentino. I giudici della IX sezione penale del tribunale di Roma hanno condannato l’ex Forza Italia a 10 anni di reclusione, nell’ambito del processo sulla loggia P3. Secondo l’accusa, l’ex sottosegretario «provava a condizionare il funzionamento degli organi costituzionali, nonché di apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali». Ma non è finita qui.
Un effetto domino di condanne per Cosentino e i fratelli
Prima e dopo quell’unico spiragio di luce c’è la tempesta giudiziaria dalla quale l’ex politico non riesce a ripararsi. Eppure continua a provarci a sottrarsi alla tormenta, a cercare un riparo. Come quella volta nel 2015, quando cercò di corrompere un’agente del penitenziario di Terni con una cospicua tangente “per aver eun trattamento di favore in carcere”. Tra le varie – e gravi – accuse, una perseguita Nicola e i fratello, Giovanni e Antonio. Quelle che caratterizzano il processo “Carburanti” e che gli sono costate una condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione. Proprio quelle accuse sono ritornate a galla nelle ultime ore e per le quali il Procuratore Generale ha chiesto la conferma della condanna in Appello per tutti e tre i fratelli Cosentino. Si tratta di una storia che risale al 2013-2014: i “politici dei Casalesi” ostacolarono l’insediamento di un competitor non lontano da una loro area di servizio, con l’aiuto di funzionari del comune di Villa di Briano. E’ notte fonda, di nuovo.
