«Ho perso un fratello, Michele. L’ho visto spegnersi davanti ai miei occhi, respirava a fatica… ouff, ouff… e poi più nulla».
Raffaele, 35 anni, è l’unico testimone diretto della morte di Michele Noschese, il deejay napoletano deceduto durante un intervento della Guardia Civil in un appartamento sulle alture di Ibiza. «Era sul letto, ammanettato ai polsi e alle caviglie. Gli agenti non si erano accorti che ero lì, in un angolo. Quando mi hanno visto, hanno urlato “che ci fai lì?”».
Intanto era arrivata l’ambulanza. Medici e infermieri hanno tentato di rianimarlo per almeno un quarto d’ora, gridavano “Lo rianimiamo! Lo rianimiamo!”, ma era ormai troppo tardi. «Testimonierò, certo che lo farò. Come potrei non farlo? Ho perso un fratello».
Dj Godzi morto a Ibiza, la testimonianza dell’amico: “Era su un letto, lo avevano ammanettato a polsi e caviglie”
La voce di Raffaele arriva in serata, intorno alle 21.30, come riporta il Corriere della Sera. «Pronto, sono Raffaele, un caro amico di Michele. Se chiamo solo ora è perché ho lavorato tutto il giorno, ho un negozio qui a Ibiza». La sua ricostruzione, finora unica, getta luce su quanto accaduto nelle ore precedenti la morte del giovane artista. Secondo quanto racconta, era presente nell’abitazione al momento dell’arrivo della polizia, intervenuta dopo numerose segnalazioni per schiamazzi provenienti dall’appartamento situato in una zona residenziale lungo Carrer del Lausanne, a circa 300 metri di altitudine.
Raffaele spiega di essere arrivato a casa di Michele intorno all’una di notte: «Ho dormito fino alle sei o sette del mattino. Quando mi sono svegliato c’era solo una ragazza che si stava preparando per uscire». Poi, intorno alle 7.45, Michele gli ha chiesto di andare a comprare da mangiare per i gatti: «Era agitato, ma ho cercato di assecondarlo. Sono sceso in piscina, c’era già parecchia gente, qualcuno aveva chiamato la polizia per via delle urla. Ho visto anche una ragazza fuggire via». Risalendo, ha scoperto che Michele era nell’appartamento di un vicino anziano: «Stavano discutendo».
«Di coltelli non ne ho visti» precisa Raffaele, rispondendo alle voci che parlavano di un’arma. Racconta poi l’arrivo della sicurezza e della Guardia Civil: cinque uomini in tutto. «Ho provato ad aiutare il vecchietto, che era finito a terra. Michele, intanto, è stato colpito al volto e alla schiena. Poi lo hanno immobilizzato, ammanettandolo a mani e piedi. Una scena che non dimenticherò mai: sembrava trattato come un animale. Scioccante». È a quel punto che gli agenti si accorgono della sua presenza e lo cacciano.
«Michele ha cominciato a sentirsi male. Era trattenuto dagli agenti, l’ho visto spegnersi lentamente. Quando ho capito che non respirava più, mi hanno allontanato». Poi i tentativi disperati del personale medico: quindici minuti di manovre, inutili. «Sono andato a dormire da lui perché avevo lasciato il mio appartamento ad alcuni amici. Non so se abbia litigato col vicino, so solo che anche quell’uomo ha detto di voler testimoniare. Io lo farò senza esitazioni. Michele per me era un fratello. E io ho visto tutto».