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sabato, Aprile 20, 2024
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Gioca i soldi delle offerte al casinò, furia dei fedeli contro il parroco

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Non è nemmeno sconvolta la comunità della parrocchia dei Santi Vito e Modesto di Spinea alla notizia che il loro don, ormai ex, il parroco, quella figura che rincuora e scalda i cuori, quel punto di riferimento materno e paterno, quell’uomo che dovrebbe capire e ascoltare i problemi della gente e quello che dovrebbe essere forte e dare forza, in realtà è debole. Come tutti gli esseri umani.

Secondo il sito la Nuova Venezia era talmente debole da riuscire a non porre un freno alla sua passione per il gioco d’azzardo, talmente debole da non riuscire più a contenersi e a giocarsi nel giro di pochi anni, dal 2014, oltre 500 mila euro dei soldi delle offerte dei fedeli. E talmente debole da riuscire anche a provare, forse, anche un senso di colpa, ma talmente debole da non riuscire a tirarsi indietro. All’indomani della notizia che don Flavio Gobbo abbia sperperato oltre mezzo milione di euro, somma che serviva per costruire l’oratorio, la gente non rimane nemmeno più a bocca aperta.

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Un po’ perché lo si sapeva, il caso era scoppiato nell’autunno del 2016, un po’ perché i fedeli, sebbene fedeli e pieni di fede, nella Chiesa non hanno più fiducia. Non si riconoscono più. Non si sentono più protetti. E i commenti, anche quelli più offensivi, anche quelli più colorati, volano e non tardano a farsi sentire. «A Padova i fa (. . .), a Spinea i magna schei» , dicono alcuni cittadini. E infatti tutti si ricordano che oltre ai malati di gioco, ci sono anche quelli malati d’amore. Noto è il caso di don Andrea Contin, l’ex parroco di San Lazzaro, nel padovano, che, l’altro giorno, ha patteggiato un anno, pena sospesa, e un risarcimento da 11 mila e 500 euro per lesioni personali aggravate e minacce nei confronti di una sua ex amante.

Lui è quel parroco che organizzava festini e orge in parrocchia. E ora don Gobbo che anche lui patteggia due anni di reclusione per quel buco di oltre 500 mila euro. Un buco che tramite un accordo transattivo si è riproposto di restituire, a rate, almeno in parte.

«Vorrei vedere se fosse stato un comune cittadino, se gli veniva offerto un trattamento del genere» , dicono da Spinea. «Con il perdono si risolve tutto no?», dice ironicamente qualcuno. Ma ciò che appare è la totale sfiducia verso un’istituzione che dovrebbe reggersi sulla fede. «C’è ancora gente che dà soldi alla Chiesa?», commenta qualcun altro. «Io alla Chiesa non do più nulla, mi sento tradita, offesa, che schifo». «Il suo ruolo dovrebbe essere quello di guida spirituale», dice una parrocchiana. Qualche altro invece capisce anche la dipendenza che affligge il don e che lui ha deciso di curare. Ma soprattutto qualcuno lamenta il fatto di come questi imponenti giri di soldi stiano nelle mani dei preti.

«Come fa a restituirli ora?», chiede qualche altro, «È da tempo che manca», commenta un residente, «ma tutti sapevano, o almeno sospettavano qualcosa». «Io non lo sapevo», dice una cittadina, «non frequento la chiesa e ora la frequenterò anche meno».

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