Una volta finito nel giro era dura uscirne. Lo sa bene una delle tante vittime finite nella ‘rete’ criminale messa su dal boss Umberto Luongo a San Giorgio a Cremano. I tentacoli di una piovra che esigeva interessi sempre maggiori creando un clima di tensione e terrore. E’ questo quanto confermato da una della vittime del gruppo dell’Uomo nero, testimonianza contenuta nella maxi ordinanza che lo scorso 22 gennaio ha disarticolato il gruppo nato come ‘costola’ del clan D’Amico e poi divenuto via via sempre più autonomo. Nei guai un commerciante di vernici che ha avuto il coraggio di denunciare le continue vessazioni subite dal clan; i problemi per l’uomo erano cominciati a febbraio 2015 quando, non potendo
rivolgersi a una banca, aveva chiesto 5mila euro in prestito a una persona vicina alla cosca,
pattuendo la restituzione di 6500 euro, ma non potendo poi da subito far fronte alle rate. Da lì continue pressioni fino alle minacce fatte da due dei ‘colonnelli’ di Luongo che si presentano sotto l’abitazione della vittima.
«Da quando ho sporto denuncia contro Umberto Luongo e i suoi sodali vivo in un clima di terrore per la mia famiglia e i miei figli oltre che per la mia incolumità. Ogni volta che squilla il telefono o il citofono dell’abitazione i miei figli subito mi chiamano con voce preoccupata e manifestano apprensione allorchè io rispondo. Ciò perchè temono che sia qualcuno che mi viene a chiamare per portarmi a qualche incontro. Si sono presentati presso la mia abitazione Bertrando Gagliardi e suo fratello Ciro. I due fratelli mi hanno fatto scendere e mi hanno detto che era meglio se andavo con loro in quanto avrei potuto chiedere a Luongo un’ulteriore dilazione. Io ho pensato che questa era una scusa». Al rifiuto dell’uomo i due, nonostante i toni minacciosi, in quell’episodio desistettero dall’insistere ma, poco dopo, l’uomo ricevette un messaggio su Whatsapp dallo stesso Luongo:«Io ti aspetto sempre». Messaggio che, conoscendo l’indole di Luongo, stava a significare che il tempo stava per finire.
