Il ruolo apicale rivestito da Antonio Orlando, latitante arrestato dopo 15 lunghi anni, è delineato in diverse ordinanze. Il boss viene descritto per “la particolare violenza ed
irascibilità”. Orlando era a capo dell’omonimo clan operante a Marano e con articolazioni territoriali altrettanto radicate nei comuni limitrofi, tra i quali Quarto, Calvizzano e aree limitrofe, che, avendo la disponibilità di armi, si avvaleva della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva, per commettere delitti contro la persona e il patrimonio – estorsioni, detenzione e
porto in luogo pubblico di armi e reimpiego di beni, traffico di stupefacenti, come indicati nei capi successivi, e comunque per: acquisire la gestione, in modo diretto o indiretto, o comunque il controllo delle attività commerciali ed imprenditoriali; acquisire il controllo del traffico e dello spaccio di stupefacenti; realizzare profitti ed ingiusti vantaggi per sé o per altri, affermare il controllo egemonico sul territorio realizzato anche attraverso contrapposizione armata con organizzazioni criminali rivali e/o concorrenti; il reinvestimento speculativo in immobili ed altre attività degli ingenti capitali derivati dalle attività illecite”.
Orlando e gli incontri con gli imprenditori di Marano
“Il clan ha una struttura piramidale al cui vertice è collocato Antonio Orlando, tutelato in modo perfetto dai fedelissimi sodali, tanto da riuscire, per un verso, a sottrarsi alle incessanti ricerche delle Forze dell‟Ordine; e, per altro, ad intervenire nei momenti cruciali della vita del clan, partecipando ai summit o chiedendo la convocazione di imprenditori per concludere con questi affari criminali. Nonostante la volontà di Antonio Orlando di incontrare noti imprenditori maranese, questi preferivano non rischiare di essere
scoperto in compagnia del latitante”.
