Una nuova ferita si apre nel cuore martoriato della Terra dei Fuochi. Nelle prime ore di domenica scorsa, un vasto incendio ha devastato l’ex SIN (Sito di Interesse Nazionale) di Calabricito, nella zona settentrionale di Acerra, al confine con i comuni di Maddaloni e San Felice a Cancello. Le fiamme hanno divorato ettari di sterpaglie miste a rifiuti speciali e tossici, sprigionando una nube nera e densa, visibile a chilometri di distanza, poi calata sulle campagne intensamente coltivate.
Un disastro annunciato, figlio di anni di colpevoli silenzi e omissioni.
La discarica di Calabricito, sequestrata nel lontano 1995 perché individuata come sito dell’ecomafia, è uno dei 57 SIN riconosciuti dal Ministero dell’Ambiente come aree altamente contaminate e pericolose. Nonostante ciò, da allora poco o nulla è stato fatto. La recinzione, in più punti sfondata e mai ripristinata, è diventata il simbolo di un’area abbandonata al degrado, dove i rifiuti pericolosi, tra cui fusti tossici e scarti industriali, sono rimasti esposti per decenni, a due passi dai campi coltivati e dagli scavi archeologici di Suessola.
Il sito era stato recentemente incluso nel piano commissariale predisposto dal generale dei Carabinieri forestali Giuseppe Vadalà, nominato dal governo per adempiere alle prescrizioni imposte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Proprio pochi mesi fa, infatti, l’Italia era stata condannata con la storica sentenza “Cannavacciuolo contro Italia” per la sistematica violazione del diritto alla salute nella Terra dei Fuochi. Un verdetto che avrebbe dovuto accelerare la rimozione dei rifiuti e bonifiche.
Ora, dopo l’incendio, si teme ulteriore ritardo
Secondo fonti investigative, le operazioni di caratterizzazione dei rifiuti sarebbero dovute iniziare a breve. Ma il rogo, su cui indaga ora la Procura, ha devastato l’intera area, rendendo vana ogni pianificazione. Riemerge così un sospetto inquietante: che l’incendio sia stato appiccato valutamente da organizzazioni criminali per sabotare, un processo di bonifica mai realmente voluto.
Le fiamme hanno infatti incenerito un sito che in passato era già stato oggetto di caratterizzazione, ma dove i rifiuti, pur noti per composizione e pericolosità, non sono mai stati rimossi. Una colpa gravissima da parte delle istituzioni, che ora rischiano di ritrovarsi con un’altra indagine sulle spalle.
“È l’ennesimo incendio in quella discarica maledetta”, denunciano i volontari antiroghi di Acerra, intervenuti per primi sul posto. “Nel 2016 presentammo un esposto in Procura per denunciare l’inerzia delle istituzioni, ma nessuno ci ha ascoltati. Oggi paghiamo quel silenzio con un disastro ambientale”.
Gli ambientalisti sono furiosi. La nube tossica si è posata sulle colture, in una zona tra le più fertili della Campania. L’aria irrespirabile, il timore di contaminazioni delle falde e dei prodotti agricoli, alimentano la rabbia.
Nel frattempo, si attende che la Procura di Nola faccia piena luce sulle cause del rogo. Gli inquirenti non escludono alcuna pista: dal dolo all’autocombustione, fino alla possibile “regia” di interessi oscuri che orbitano attorno alla galassia dell’ecomafia.
Una cosa è certa: Calabricito, oggi, è l’emblema di ciò che non deve più accadere. Di uno Stato che promette bonifiche e garantisce solo abbandono. Di una terra che continua a bruciare mentre tutti, ancora una volta, voltano lo sguardo altrove.