Marco Scuotto, 45enne di Capodimonte, era accusato di triplice tentato omicidio e porto abusivo di armi. Sembrerebbe che la vicenda sia collegata al colpo da 15 milioni di euro commesso a Casale Monferrato. Aveva scelto di farsi processare con il rito abbreviato, dopo aver depositato una consulenza tecnica di parte. Il pubblico ministero aveva chiesto la condanna a 9 anni di reclusione, ma il giudice per le indagini di Napoli, accogliendo la linea difensiva dell’avvocato Luigi Poziello del Foro di Napoli Nord, ha assolto Marco Scuotto dal reato di triplice tentato omicidio e ha derubricato i fatti in lesioni aggravate e minacce, condannando così l’uomo a 4 anni e 8 mesi di reclusione, che grazie allo sconto previsto dalla Legge Cartabia, diventeranno 3 anni e 10 mesi di reclusione. L’uomo è stato scarcerato per i reati di triplice tentato omicidio e ha ricevuto gli arresti domiciliari per il porto e la detenzione di arma, uscendo così di fatto dal carcere di Poggioreale.
Il fatto
Marco Scuotto, tra gli undici indagati per le 250 cassette di sicurezza svuotate nella filiale Intesa nel 2023 a Casale Monferrato, dove sono stati asportati 15 milioni di euro tra denaro contante, orologi e gioielli, è uno “specialista” arrestato a settembre per il ferimento di tre complici a Capodimonte in un regolamento di conti. Mai rivelati i motivi, perché Scuotto ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere e non ha mai rilasciato dichiarazioni durante il processo.
Era stato raggiunto da ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Luca Della Ragione. L’uomo è accusato della sparatoria avvenuta lo scorso 9 maggio su Corso Amedeo di Savoia, costata il ferimento di tre uomini, Gennaro Esposito, Vincenzo Grandelli e Antonio Russo. Al nome di Marco Scuotto si è giunti dopo mesi di serrate indagini effettuate dagli uomini della sezione Omicidi della squadra mobile (dirigente Giovanni Leuci e coordinati dal vice questore Luigi Vissicchio). I feriti e lo stesso Scuotto vantano numerosi precedenti e sono indicati da diverse informative come “specialisti della banda del buco”, elemento questo che ha subito permesso agli investigatori di indirizzare le indagini su una pista precisa. Secondo la ricostruzione, i tre il pomeriggio del 9 maggio si sarebbero recati presso l’abitazione di Marco Scuotto per discutere di affari; poi la discussione sarebbe degenerata, portando alla sparatoria, discussione forse nata per dissapori inerenti la spartizione dei proventi di un colpo.