venerdì, Agosto 15, 2025
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Ucciso a pochi passi dall’Università, ergastolo per il boss Trongone

Una punizione dettata da un allontanamento. Questo il movente dell’omicidio di Gennaro Fittipaldi, ucciso nel maggio del 2015 in via Chiavettieri al Porto, nei pressi dell’Università. La Corte d’Assise di Napoli ha condannato all’ergastolo il boss Arcangelo Trongone conosciuto negli ambienti criminali con il soprannome di ‘Angioletto’. Un omicidio consumatosi per punire il giovane allontanatosi dal gruppo criminale diretto dal boss di palazzo Ammendola per transitare nelle fila dell’allora contrapposto gruppo Sibillo-Amirante-Giuliano-Brunetti. Cresciuto all’ombra dei fratelli Arcangelo e Raffaele Trongone ‘signori’ della zona di Santa Chiara prima e di Rua catalana poi, Fittipaldi iniziò la sua ‘carriera criminale’ nella mala legata al clan Mariano (all’epoca retta da Marco) per poi allontanarsene e aderire alla ‘paranza dei bambini’ in lotta con i Buonerba di via Oronzio Costa e alleati sia dei Trongone che dei Mariano. A svelare quel particolare è stato il collaboratore di giustizia Maurizio Overa che nei suoi verbali ha raccontato, con dovizia di particolari, cosa avveniva a Napoli in quel periodo indicando negli stessi Trongone gli autori di quell’esecuzione: «Dopo l’omicidio di Gennaro Fittipaldi, avvenuto nel 2015, sollecitai Arcangelo Trongone dicendogli che eliminandolo si era tolto due problemi. Da un lato aveva eliminato un possibile testimone dell’omicidio Terracciano, dall’altro aveva eliminato un suo rivale che nel frattempo si era alleato con i Sibillo e i Martinelli proprio contro di loro. Del resto mi risulta che poco prima di morire, Fittipaldi si recò presso l’abitazione di Arcangelo Trongone in zona Orefici per sparare sotto al suo balcone».