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giovedì, Marzo 28, 2024
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Vendetta dopo omicidio del nipote del boss, in due spediti ai domiciliari

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Il gup di Napoli ha disposto i domiciliari per Giovanni Amendola e Raffaele Iovine (difesi dagli avvocati Raffaele Chiummariello e Alfonso Piscino) i due giovani condannati a sette anni e 10 mesi di reclusione per il tentato omicidio di Salvatore Pennino. I fatti dopo un agguato costato la vita a Nicholas Di Martino, il nipote del boss ergastolano Nicola Carfora, morto dissanguato, dopo essere stato accoltellato la notte tra il 24 e il 25 maggio 2020, a Gragnano. Lo scorso 16 settembre, il gip di Napoli Maria Luisa Miranda ha condannato anche i fratelli Antonio e Giovanni Carfora (cugini di Nicholas), a nove anni di reclusione

L’articolo precedente: la condanna dei fratelli Carfora

E’ costata cara la ‘vendetta’ ordita come risposta all’omicidio di Nicholas Di Martino, loro cugino 17enne, delitto avvenuto nel maggio scorso. Il gip del tribunale di Napoli ha condannato i fratelli Antonio e Giovanni Carfora (difesi dall’avvocato Antonio Di Martino) a nove anni di reclusione (i due sono i figli del boss Nicola ‘o fuoc) mentre sono stati condannati a sette anni e dieci mesi Giovanni Amendola e Raffaele Iovine(quest’ultimo difeso dagli avvocati Raffaele Chiummariello e Alfonso Piscino). La richiesta iniziale era stata di dodici anni di reclusione. Il gip ha escluso le aggravanti dei motivi abbietti e futili e dall’aver commesso il fatto di notte ed ha riconosciuto la diminuente del risarcimento del danno. I quattro erano accusati del tentato omicidio del 20enne incensurato Salvatore Pio Pennino.

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La dinamica dei fatti

Volevano dargli una punizione e così hanno pensato bene di sparare contro l’amico del ragazzo, accusato di aver tolto la vita a Nicholas Di Martino. È bastato uno stretto legame di amicizia per essere scelto come bersaglio di un gruppo di ragazzi intenzionati a vendicare, a modo loro, la morte del 17enne di Gragnano. Pennino quella sera fu colpito per ritorsione in quanto ‘colpevole’ di essere troppo vicino a Maurizio Apicella, il figlio del boss di camorra accusato di aver causato la morte del minorenne. A firmare l’ordinanza di fermo fu il pubblico ministero Giuseppe Cimmarotta, in forza alla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Secondo la magistratura, infatti, la sparatoria rappresentò una vendetta contro il ‘gruppo’ di Ciro Di Lauro e Maurizio Apicella, i due ragazzi rispettivamente di 21 e 18 anni incolpati di aver colpito con un fendente Nicholas Di Martino, causandone la morte, e di aver gravemente ferito Carlo Langellotti, cugino dello stesso Nicholas.

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