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giovedì, Aprile 25, 2024
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Ucciso per errore a Casoria, niente abbreviato per gli imputati accusati dell’omicidio di Antimo Giarnieri

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Si è tenuta questa mattina l’udienza preliminare davanti al gip Campanaro del processo per l’omicidio di Antimo Giarnieri (leggi qui l’articolo). Il giovane, ucciso nel luglio 2020, pagò con la vita l’essere somigliante al reale obiettivo dell’agguato, Ciro Lucci. La famiglia, difesa dall’avvocato Michele Basile, si è costituita parte civile. Durante l’udienza preliminare gli imputati (Tommaso Russo indicato come l’esecutore materiale e Ciro Sannino) hanno scelto di farsi processare con rito ordinario. Nessun rito abbreviato dunque, formula che comporta lo sconto di un terzo della pena.

L’articolo precedente: il profilo del killer di Antimo Giarnieri

Un uomo senza scrupoli. Tanto da strappare l’orecchio a un pusher che non voleva sottostare alla legge del clan. E’ questo l’inquietante profilo di Tommaso Russo arrestato  per l’omicidio di Antimo Giarnieri (che nulla aveva a vedere con contesti malavitosi come accertato dalle indagini) e per due episodi estorsivi. Particolari contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare che  i carabinieri hanno eseguito a carico dei due uomini (leggi qui l’articolo). Nel corso delle attività investigative sono stati contestati a Russo ed a Sannino due episodi di natura estorsiva. Uno tentato e uno consumato, ai danni di due spacciatori del luogo che, per poter continuare nella loro illecita attività di spaccio, erano costretti a versare una quota imposta dal clan, altro elemento sintomatico della volontà di imporre un controllo capillare del territorio attraverso il cd racket sull’attività di spaccio.

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La ferocia del killer di Antimo

La violenza e la ferocia mostrata da Russo  si palesa poi nella circostanza da cui risulta che l’uomo, in uno degli episodi contestatigli, strappava parte del padiglione auricolare ad una vittima minacciandolo «di fare il bravo, perché ora ci siamo io e Totore O’Cane». Nella seconda estorsione poi Russo e Sannino si facevano consegnare la somma di 500 euro. Si trattava della quota mensile imposta dal clan, da un uomo  domiciliari ricorrendo anche a violenza fisica per costringerlo a consegnare il denaro. Il tutto dinanzi alla moglie della vittima, anch’essa aggredita brutalmente nel mentre cercava di reagire a difesa del marito.

 

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