La sua unica colpa è quella di somigliare alla persona che era destinata a morire, ovvero Ciro Lucci. Ed invece a morire, quel 8 luglio 2020 a Casoria, fu il 19enne Antimo Giarnieri. A distanza di poco più di un anno sono state chiuse le indagini per i presunti responsabili del raid.
Si tratta del presunto killer, Tommaso Russo, arrestato con l’accusa di essere l’esecutore materiale dell’omicidio. Poi Ciro Sannino spavuzzell, Gennaro Sorrentino, Alessandro Caccavallo e Giorgio Piscopo. Tutti dovranno rispondere alle accuse di estorsione, esplosione di colpi di arma da fuoco in luogo pubblico, possesso di armi. A tutti è contestato anche il metodo mafioso.
L’unica colpa di Antimo era la somiglianza con il vero obiettivo del gruppo di fuoco, ovvero Ciro Lucci. Che secondo i Carabinieri sarebbe un aspirante giovane ras in contrasto con il clan egemone dei Barbato.
Il profilo dei soggetti
Un uomo senza scrupoli. Tanto da strappare l’orecchio a un pusher che non voleva sottostare alla legge del clan. E’ questo l’inquietante profilo di Tommaso Russo arrestato per l’omicidio di Antimo Giarnieri (che nulla aveva a vedere con contesti malavitosi come accertato dalle indagini) e per due episodi estorsivi. Particolari contenuti nell’ordinanza di custodia cautelare che i carabinieri hanno eseguito a carico dei due uomini (leggi qui l’articolo). Nel corso delle attività investigative sono stati contestati a Russo ed a Sannino due episodi di natura estorsiva. Uno tentato e uno consumato, ai danni di due spacciatori del luogo che, per poter continuare nella loro illecita attività di spaccio, erano costretti a versare una quota imposta dal clan, altro elemento sintomatico della volontà di imporre un controllo capillare del territorio attraverso il cd racket sull’attività di spaccio.
La ferocia del killer di Antimo
La violenza e la ferocia mostrata da Russo si palesa poi nella circostanza da cui risulta che l’uomo, in uno degli episodi contestatigli, strappava parte del padiglione auricolare ad una vittima minacciandolo «di fare il bravo, perché ora ci siamo io e Totore O’Cane». Nella seconda estorsione poi Russo e Sannino si facevano consegnare la somma di 500 euro. Si trattava della quota mensile imposta dal clan, da un uomo domiciliari ricorrendo anche a violenza fisica per costringerlo a consegnare il denaro. Il tutto dinanzi alla moglie della vittima, anch’essa aggredita brutalmente nel mentre cercava di reagire a difesa del marito.