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mercoledì, Aprile 24, 2024
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“Avevano armi guerra, pronti ad altri omicidi”, il retroscena dopo l’agguato al fratello del pentito

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I carabinieri del Ros, con il supporto in fase esecutiva dei comandi provinciali di Ancona, Reggio Calabria, Catanzaro, Brescia, Napoli, Torino, Pesaro, Vibo Valentia e del Gruppo intervento speciale (Gis), hanno eseguito due provvedimenti di fermo emessi dalle procure distrettuali di Ancona e Reggio Calabria nei confronti di 4 soggetti indiziati di associazione mafiosa, omicidio, porto e detenzione illegale di armi, reati questi ultimi aggravati dall’aver commesso i fatti al fine di agevolare la ‘ndrangheta.

L’attività investigativa è stata avviata dalla Procura distrettuale di Ancona a seguito dell’omicidio di Marcello Bruzzese, avvenuto a Pesaro il 25 dicembre del 2018, città dove Bruzzese risiedeva in località protetta poiché fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Biagio Bruzzese, già organico alla cosca “Crea” di Rizziconi e dalla quale si era dissociato nel 2003 dopo aver attentato alla vita del Teodoro Crea, capo dell’omonima, nell’ottobre dello stesso anno.

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 “Due dei fermati erano pronti a commettere altri episodi delittuosi con la disponibilità di armi da guerra inquietanti. Stavano pianificando un altro delitto di un altro testimone di giustizia che aveva reso testimonianze”.

Lo ha rivelato, la procuratrice distrettuale antimafia delle Marche, Monica Garulli, durante una conferenza stampa dopo i fermi per l’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Biagio Girolamo Bruzzese, commesso il giorno di Natale del 2018. L’urgenza a intervenire con i fermi è stata necessaria, ha spiegato, “per acquisire elementi investigativi arrivati anche dall’estero che evocavano uno scenario grave”.

I fermati sono Michelangelo Tripodi, 43 anni e Francesco Candiloro, 42 anni, accusati di essere gli autori materiali dell’omicidio di Bruzzese, ucciso con venti colpi di pistola; Rocco Versace, 54 anni, invece, sarebbe loro complice. Dalle indagini, ha riferito Garulli, “è emersa una lunga pianificazione del delitto. Le stesse persone sono state immortalate sempre da filmati a bordo di due auto le cui targhe però erano state clonate. I sopralluoghi nei luoghi di residenza della vittima e dei suoi parenti erano iniziati a novembre, tutti per colpire il collaboratore”. I filmati delle telecamere di videosorveglianza di Pesaro avevano immortalato i due volti maschili, anche se con volto travisato, in centro in prossimità della casa della vittima. Erano a piedi e anche in auto, il giorno dell’omicidio e in quelli precedenti.

Era una “giovane cosca” quella alla quale i soggetti fermati avevano dato vita, con i vertici ‘Crea’ in carcere, secondo la procuratrice, in base alle indagini condotte; i fermati sono stati trasferiti in carcere tra Vibo Valentia, Reggio Calabria e Brescia. Per il delitto “la causale va identificata – ha spiegato Garulli – nella volontà di riaffermare la capacità intimidatoria della cosca madre, in territorio lontano e a distanza di tempo visto che il dibattimento per il processo ai Crea si è concluso nel 2018; e anche a scoraggiare altre collaborazioni ‘di famiglia’”. (ANSA).

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