Il ras del De Rosa avrebbe ricevuto un’informazione importante da un consigliere comunale in merito al pagamento liquidato dall’Ente nei confronti di una ditta che ha eseguito dei lavori pubblici. Il dettaglio è emerso nell’ultima indagine che ha sgominato un giro di estorsioni ai danni di alcuni imprenditori locali. Salvatore Di Palma e Salvatore Di Marino sono stati accusati dalla DDA di Napoli di aver chiesto il pizzo al titolare di una ditta edile nell’estate del 2023.
Il 16 giugno 2023 i due ras del clan De Rosa sono stati intercettati in auto e dalle loro parole sarebbe emersa la volontà di trovare un contatto con il titolare della ditta che ha effettuato dei lavori in un immobile di proprietà del Comune. Secondo gli inquirenti, Di Palma e Di Marino si sono recati sul posto per chiedere informazioni sulla ditta e lì un passante avrebbe confidato loro l’identità del responsabile dei lavori.
Le parole dei ras del clan Di Rosa e il riferimento al consigliere comunale
Dopo essere allontanati dal posto, Di Marino avrebbe detto a Di Palma di aver già parlato con un consigliere comunale il quale gli avrebbe detto che la somma di denaro per il cantiere era già stata erogata dall’Ente alla ditta.
Di Marino: X. me l’ha detto. Qua già hanno mangiato.
Di Palma: A questo si dovrebbe incatastare ci dovremmo dire “Uaglio vieni qui”. Io non lo conosco, ma tu dovresti conoscerlo.
Al termine della conversazione Di Palma avrebbe espresso la volontà di costringere il titolare della ditta a pagare la tangente. In seguito ad un sopralluogo delle forze dell’ordine al cantiere è stato accertato che i lavori sono stati condotti in un immobile di una proprietà del Comune di Qualiano.
Il gip del Tribunale di Napoli, Gabriella Logozzo, ha specificato nell’ordinanza di custodia cautelare: “Gli innumerevoli tentativi da parte degli indagati di individuare e raggiungere il titolare della ditta che stava eseguendo i lavori, non può ritenersi raggiunta in tale ipotesi la soglia del tentativo punibile, in assenza di elementi da cui desumere che l’intento delittuoso degli indagati si sia effettivamente concretizzato, quantomeno in una fase embrionale. Ed invero, le conversazioni riportate non consentono di poter affermare che il titolare della ditta sia stato avvicinato o che la richiesta estorsiva sia stata ad esso recapitata da qualsivoglia intermediario“.