L’ordinanza, che ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari per persone orbitanti intorno al clan Amato-Pagano, restituisce l’immagine di un sistema criminale che non si limita a occupare il territorio, ma lo amministra, lo regola e lo disciplina come un’entità sovrana. Nei dialoghi intercettati emerge con chiarezza il ruolo dei vertici del clan nel decidere chi può operare, dove e a quali condizioni, confermando un controllo capillare sulle aree di Mugnano, Melito e Napoli-Scampia.
Il potere non si manifesta solo attraverso la violenza esplicita, ma soprattutto tramite decisioni che incidono sulla vita quotidiana degli affiliati e delle loro famiglie: l’accesso al lavoro, la possibilità di ricevere la mesata, il diritto stesso di “stare nelle zone”. Chi viene escluso non perde solo un sostegno economico, ma viene di fatto estromesso dalla comunità criminale.
Nelle conversazioni, Giulia Barra, per la quale il gip ha disposto il carcere, descrive con toni durissimi l’ascesa di figure che, pur non avendo una lunga storia all’interno del gruppo, arrivano a imporre la propria autorità.
Parole che vanno oltre l’insulto personale e che raccontano una frattura interna al clan, dove il comando non è più legato solo all’anzianità o ai trascorsi criminali. Elogiata è, invece, la figura di Enrico Bocchetti, marito di Vittoria Pagano, indicato come esempio emblematico di chi, forte della propria posizione, si sente legittimato a stabilire regole, punizioni e gerarchie.
Secondo quanto emerge dall’ordinanza, Bocchetti rappresenta un modello di comando rigido, che non ammette mediazioni: decide chi deve lavorare, chi deve essere allontanato e chi ha diritto alla mesata. Un potere esercitato non solo con le parole, ma con la minaccia implicita dell’esclusione e della violenza, come dimostrano i timori espressi dagli interlocutori e il clima di paura che traspare dai dialoghi.
