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lunedì, Maggio 6, 2024
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Delitto di Ponticelli, Roberto Saviano si aggiunge all’appello dei tre innocenti: “La camorra indirizzò le indagini”

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All’appello di Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca e Ciro Imperante, per anni noti come ‘I Mostri di Ponticelli’ si aggiunge anche Roberto Saviano. I tre potrebbero essere vittime di uno degli errori giudiziari più grandi della penisola.

Il caso di Ponticelli 

I fatti risalgono al 2 luglio 1983, quando vennero ritrovati, all’interno di un cantiere, i corpi di due bambine di 7 e 10 anni: Nunzia Munizzi e Barbara Sellini. I loro corpi erano stati martoriati e bruciati. All’epoca Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca e Ciro Imperante avevano 18 anni e vennero all’inizio interrogati solo come testimoni.

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Da quel momento per i tre giovani si sono susseguiti interrogatori ed accuse. Nonostante all’interno del quartiere vi fosse un altro indiziato il quale profilo psicologico e fedina penale fossero più coerenti con il delitto, la colpa è ricaduta sui tre giovani. E’ dal giorno dell’arresto che i tre ragazzi raccontano di prove forzate ed interrogatori violenti nella, ben nota all’epoca, caserma Pastrengo.

L’appello di Roberto Saviano 

Un caso che si attorciglia con pressioni mediatiche e camorra e che ha fatto colpevoli tre probabili innocenti, rinchiudendoli in galera per 27 anni e dandogli l’appellativo di ‘Mostri di Ponticelli’. Il caso dei tre è stato più volte raccontato; in una docuserie ed anche dal programma ‘Le Iene’. Una storia che lascia a bocca aperta; le motivazioni dell’arresto dei tre risultano infatti, anche ad un orecchio non esperto di magistratura, spesso forzate. Ad aggravare il tutto si aggiungono i violenti interrogatori avvenuti in caserma che avrebbero causato una lesione al timpano al fratello di uno dei tre.

A parlare di quella che se risolta risulterebbe una delle “sviste” giudiziarie più grandi nella penisola è il giornalista e scrittore Roberto Saviano. Nel centro della bufera c’è infatti anche una forte pressione camorristica. E’ l’epoca del clamoroso errato arresto del presentatore Enzo Tortora, altra “svista” giudiziaria.

Le parole dei tre di Ponticelli 

La camorra indirizzò le indagini per liberare il quartiere di Ponticelli dalla pressione della polizia e, probabilmente, per allontanare i sospetti da loro parenti o da persone a loro vicine. Gli inquirenti, commettendo una serie di errori palesi, sono giunti alla loro colpevolezza e Ciro, Giuseppe e Luigi si sono fatti 27 anni di carcere senza aver mai commesso un crimine” scrive Saviano su Instagram.

I tre hanno ormai 60 anni, dopo 27 anni in carcere sono usciti per buona condotta. Sono sposati ed ormai hanno le proprie famiglie la loro lotta per la verità non si è però placata; vogliono giustizia per loro e per le piccole vittime. Chiedono che la Commissione Antimafia si interessi al loro caso.

Ancora non mi spiego perché mi sia successo tutto questo. Mi hanno distrutto la vita rinchiudendomi senza uno straccio di prova per 27 anni. Sono incazzato e voglio giustizia, non mi fermerò e andrò avanti fino al giorno della mia morte” dice La Rocca.

Luigi Schiavo racconta delle torture subite durante l’interrogatorio: “Durante il mio interrogatorio mi chiusero in una stanza con persona che solo successivamente scoprì che si trattava di un pentito di camorra. Questi mi intimò di confessare un delitto che non avevo commesso, al mio rifiuto partirono i calci, i pugni e le testate di cui ancora oggi porto i segni“.

Il pentito era Mario Incarnato, camorrista pluriomicida e tra gli accusatori di Enzo Tortora.  “Mi hanno ammanettato, denudato e cosparso il corpo di acqua e sale. A quel punto partivano le frustate. Il sale serviva a far bruciare la pelle con il sopraggiungere delle ferite“.

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