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Droga dalla Spagna e base a Giugliano: come funzionava la filiera smantellata dai carabinieri

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L’indagine che la notte del 28 ottobre 2025 ha portato all’arresto di cinque persone per traffico di stupefacenti ha messo in luce una catena logistica studiata per nascondere ai controlli l’arrivo in Italia di cocaina, hashish e marijuana provenienti dal territorio spagnolo. Dal gennaio 2019 al maggio 2020, gli investigatori del Nucleo Investigativo di Napoli, coordinati dalla DDA partenopea, hanno ricostruito non solo i ruoli del gruppo ma anche la struttura concreta della logistica utilizzata: importazione, smistamento e stoccaggio prima della distribuzione nelle piazze dell’hinterland napoletano e casertano.

L’elemento centrale dell’organizzazione era una società di logistica con sede a Giugliano in Campania, formalmente attiva nei trasporti. Secondo l’accusa, quella società fungeva da schermo: dietro documenti e partita Iva regolarmente registrati si nascondevano stoccaggio e smistamento di carichi illeciti. La ditta, “gestita fittiziamente” da uno degli indagati, avrebbe permesso di movimentare merci senza attirare i sospetti che invece gravano su canali informali.

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Le modalità di arrivo della merce iberica, ricostruite dagli investigatori tramite intercettazioni, pedinamenti e indagini tecniche, indicano un flusso organizzato e ripetuto. Il percorso logistico — come emerge dagli atti — prevedeva l’importazione dalla Spagna, il trasferimento verso il deposito a Giugliano e il successivo frazionamento in dosi destinate alle diverse piazze di spaccio. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati complessivamente circa 102 kg di stupefacente, segnale di un volume considerevole per un’area metropolitana.

La società di Giugliano svolgeva più funzioni fondamentali:

  • Copertura amministrativa: fatture, DDT e documentazione che rendevano le spedizioni apparentemente lecite;
  • Punto di transito: magazzino in cui ricevere, aprire e ridistribuire i carichi;
  • Centro di smistamento: suddivisione della merce in quantitativi più piccoli, pronti per la distribuzione capillare;
  • Schermo per i protagonisti: la gestione formale della ditta limitava i contatti diretti tra fornitori esteri e canali di vendita locali.

Le indagini hanno sfruttato proprio la tensione tra apparenza e realtà: controlli sui mezzi, riscontri sui flussi finanziari e attività tecniche hanno consentito di disegnare la mappa dei movimenti. Il sequestro di oltre 100 chilogrammi non è un mero dato statistico: rappresenta la prova materiale che, almeno in parte, conferma il modello operativo ipotizzato dagli inquirenti.

Resta, però, un margine investigativo su come esattamente le spedizioni riuscissero a superare i filtri doganali e i controlli sulle merci. Gli inquirenti parlano di approvvigionamenti “dal territorio iberico” ma non divulgano dettagli operativi sensibili; le ipotesi investigative, che saranno oggetto di sviluppo processuale, riguardano possibili inserimenti della droga all’interno di carichi leciti, uso di documentazione falsificata o di vettori compiacenti.

Il provvedimento emesso dal Gip è una misura cautelare in fase di indagini preliminari: gli arrestati sono indagati e presunti innocenti fino a sentenza definitiva. Quel che è già chiaro è l’efficacia dell’azione investigativa: smantellare la base logistica di Giugliano significa interrompere non solo un canale di rifornimento, ma l’intera catena che dai fornitori esteri porta lo stupefacente sulle strade locali.

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