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venerdì, Aprile 19, 2024
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«Ero un morto che camminava», il fallito agguato al pentito Puzio alle Salicelle

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L’ex ras dei Moccia Michele Puzio era finito nel mirino dei suoi nemici. Una rivelazione, quella di Puzio, fatta ai magistrati in uno degli innumerevoli verbali che contengono le sue ‘confessioni’. Rivelazioni che stanno svelando i segreti e gli affari della mala di Afragola, del ‘sistema’ dei Moccia e di quello dei tanti gruppi satelliti che gravitano attorno al gruppo. Il neo collaboratore di giustizia ha riferito di un episodio risalente alla sua uscita dal carcere quando, a suo dire, finì nel mirino dei killer.

Il racconto di Puzio

«Devo precisare che col tempo ho sentito distante la famiglia Moccia, con riferimento a quanto avvenuto in quel periodo. Infatti nel 2014 quando sono uscito io ero un morto che camminava. Venni avvicinato da …OMISSIS… il quale mi disse che aveva saputo dalla moglie di Ciro Serrapiglio che quest’ultimo aveva saputo nel carcere di Secondigliano che io ero sfuggito a un agguato ad opera di un certo Tonino ‘o napulitano di Grumo Nevano che era affiliato a Pezzella insieme a Tonino capajanca di Frattamaggiore. L’agguato non andò a buon fine perché i due, a bordo di una moto pronti a farmi l’agguato, incrociarono una pattuglia dei carabinieri nelle Salicene. Tonino capajanca aveva confidato nel penitenziario di Secondigliano a Ciro Serrapiglio che avevano tentato un agguato ai miei danni. Il movente dell’agguato era da ricondurre sempre alla volontà di Francesco Pezzella di uccidermi per l’omicidio che era stato commesso ai danni di Mario Pezzella, il fratello di Francesco. In seguito ho saputo che anche i Barbato insieme a Nicola ‘o luong volevamo ammazzarmi, sempre per volere di Francuccio pane ‘e rano che aveva offerto loro una soma di denaro di 300mila euro per farmi uccidere. Nicola ‘o luogo„ appoggiato nelle Salicelle, parlando con BARBATO Mariano, gli aveva detto che Pane’e rano gli aveva promesso 150 mila curo, da spartire tra loro. Barbato venne a sapere che erano invece 300mila e cosi nacquero tra loro disaccordi per l’esecuzione del mio omicidio, il cui intento pertanto non venne portato oltre». 

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Gli articoli precedenti: l’omicidio di Immacolata Capone

Sono state le dichiarazioni di Michele Puzio, ex colonnello dei Moccia, a svelare agli inquirenti mandanti ed esecutori dell’omicidio di Immacolata Capone. La donna pagò con la vita l’esser considerata mandante dell’omicidio del marito Giorgio Salierno, a sua volta fiduciario dei vertici dell’organizzazione. La donne, imprenditrice nel settore movimento terra, uccisa a Sant’Antimo nel 2004. Per quel delitto (e per quelli di Mario Pezzella e Aniello Ambrosio) questa mattina i carabinieri del Ros di Napoli e del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna e gli uomini della squadra mobile di Napoli hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse, nell’ambito delle indagini svolte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, dal gip del tribunale di Napoli. Puzio ha svelato il contesto in cui maturò il delitto spiegando al procuratore aggiunto Rosa Volpe come e perchè la Capone fu condannata a morte. Il gip ha ritenuto l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per il concorso materiale o morale nell’omicidio, nei confronti di altri appartenenti apicali del clan Moccia, Filippo IazzettaFrancesco Favella e Giuseppe Angelino.

Imma Capone uccisa in una polleria a Sant’Antimo

«L’omicidio è stato commesso perché la donna era ritenuta la mandante dell’omicidio di suo marito Giorgio. Su quest’omicidio però dopo ho saputo un’altra cosa. L’omicidio di Imma Capone è stato commesso da me e (omissis), e fu preceduto da un primo tentativo non andato a buon fine». Un appuntamento solo rimandato:«A Sant’Antimo notammo la sua auto in una traversa. Scesi e notai Imma Capone che usciva dal bar con un signore. Io la conoscevo perché era un’imprenditrice e ci ave va fatto fare qualche estorsione, ci indicava i cantieri dove poterle fare. Uscita dal bar, le andai incontro sparandole addosso ma

senza colpirla. Si rifugiò in una polleria e lì le sparai. Nel correrle dietro persi il cappellino che indossavo». Proprio questo particolare, ha spiegato Puzio, allarmò i vertici del clan che temevano che il suo uomo potesse essere identificato.

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