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martedì, Aprile 23, 2024
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Uccise Melania con 35 coltellate, sì ai permessi premio per Salvatore Parolisi

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Salvatore Parolisi, condannato a 20 anni di reclusione per il delitto della moglie Melania Rea,  dopo 8 anni di carcere potrebbe già tornare in libertà. A breve l’ex militare, 40enne, grazie alla buona condotta potrà trascorrere alcuni giorni al mese a casa. Sconcerto da parte dei familiari della vittima: “Assurdo dare benefici a chi ha commesso una simile atrocità. Parolisi non si è mai pentito, né ha chiesto scusa”.

A dare la notizia è il settimanale Giallo.“La notizia che presto potrebbe uscire dal carcere perché usufruirà dei primi permessi premio mi coglie di sorpresa e, umanamente, mi fa molto male … Io penso che una persona condannata in via definitiva per omicidio non debba mai usufruire di benefici ma che debba scontare in galera l’intera pena stabilita dai giudici”. Queste le parole di Michele, fratello di Melania. Melania fu uccisa con 35 coltellate nel bosco di Ripe di Civitella (Teramo) il 18 aprile 2011, Melania Rea sapeva che il marito la tradiva ma continuava a perdonarlo. Secondo le sentenze la uccise perché stretto in un imbuto sentimentale. Aveva promesso all’amante che avrebbe ufficializzato la loro relazione e lasciato la moglie, senza tuttavia mantenere le sue promesse.

 

Oggi si apprende che l’ex Caporal maggiore dell’esercito, recluso al carcere militare di Bollate, avrebbe maturato i requisiti necessari previsti dalla legge per chiedere e ottenere dei permessi premio e uscire dal carcere anche in virtù della sua buona condotta.

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In cella starebbe infatti seguendo con profitto il percorso riabilitativo imposto dalla struttura penitenziaria. Una notizia che ha indignato profondamente la famiglia Rea, che reputa “assurda” siffatta situazione, vista già la tenuità della pena a cui è stato condannato.

 

Parolisi, infatti, in primo grado fu condannato all’ergastolo, poi a 30 anni in Appello. Ma la Cassazione annullò quest’ultima sentenza con rinvio alla Corte d’Assise d’Appello di Perugia che non riconobbe l’aggravante della crudeltà e riformulò la pena riducendola a 20 anni di carcere, poi confermati in Cassazione.

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