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giovedì, Aprile 25, 2024
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Murales cancellato, la precisazione di Antonio Moccia

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Riceviamo e pubblichiamo la richiesta di chiarimento di Antonio Moccia fatta pervenire alla nostra redazione

“Il sig. Antonio Moccia ha scoperto per caso, in data 6 luglio 2018, che sul sito
www.internapoli.it (https://internapoli.it/afragola-vincenzo-moccia-murales/)
è stato pubblicato il 22 maggio 2018 un articolo della Redazione napoletana, dal
titolo: “Cancellato il murales dedicato al figlio di Vincenzo Moccia, via i ricordi del
clan di Afragola”.
Antonio Moccia è ben consapevole del fatto che, lui e la sua famiglia, sono
personaggi pubblici e che, soprattutto per loro responsabilità, sono circondati da
una fama sinistra.
Dopo aver commesso gravi ed efferati delitti fino ai primi anni 1990, Antonio Moccia
e i suoi fratelli hanno scelto di dissociarsi dalla camorra, di chiudere con la
malavita. E si proclamano fedeli a tale scelta ancora oggi, nonostante continuino ad
essere coinvolti in indagini, rispetto alle quali si stanno battendo per dimostrare la
loro assoluta innocenza.
Il sig. Antonio Moccia, pertanto, non intende minimamente sottrarsi al giudizio della
pubblica opinione, né all’attenzione di chi esercita il diritto/dovere di cronaca, purché
i fatti che vengono attribuiti a lui e alla sua famiglia rispettino la verità. Intende per
contro tutelare l’onorabilità propria e della sua famiglia, laddove vengano ad
essi attribuiti fatti specifici disonorevoli, che siano sforniti di qualsiasi
fondamento storico e giudiziario.
In tale ottica, e pur nel rispetto profondo che egli nutre per la funzione giornalistica, il
sig. Antonio Moccia mi ha incaricato di trasmettere l’allegata precisazione, con
preghiera di pubblicazione.
L’onorabilità è un valore che appartiene a tutti, anche ai pregiudicati o alle persone di
dubbia fama, considerata la centralità che i diritti della persona hanno
nell’ordinamento costituzionale. Recentemente la Suprema Corte di Cassazione ha
ritenuto diffamatori gli insulti rivolti ad un mafioso:Cass. pen. Sez. V, 10/05/2017, n. 50187 (rv. 271434) Sussiste il reato di diffamazione
nel caso in cui un “blogger”, nel dare la notizia della morte di un esponente apicale
di un sodalizio mafioso, adopera espressioni tese ad umiliare e a ricoprire di
disprezzo la persona del defunto, in quanto esula dai limiti del diritto di critica
l’accostamento di quest’ultimo a cose o concetti ritenuti ripugnanti, osceni o
disgustosi, considerata la centralità che i diritti della persona hanno
nell’ordinamento costituzionale. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la
sentenza del tribunale che aveva ritenuto non costituire reato l’accostamento del
criminale defunto ad “un gran bel pezzo di merda”).
Il sig. Antonio Moccia considera disonorevole che la sua persona e la sua famiglia
vengano associate a chiassose manifestazioni di presenza e prestigio, quali vistosi
murales o solenni cerimonie religiose – che non appartengono allo stile di sobrietà e
riservatezza che li caratterizzano.
La verità dei fatti è un presupposto indefettibile della cronaca giornalistica, tanto che
l’attribuzione a qualcuno di un fatto disonorevole “non vero” integra il reato di
diffamazione, specie quando si tratti di fatti lontani nel tempo che si sarebbero potuti
verificare agevolmente. cfr: Cass. pen. Sez. I, 08/01/2015, n. 13941 (rv. 263064)
In tema di diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca, che può comportare
qualche sacrificio dell’accuratezza della verifica della verità del fatto narrato e della
bontà della fonte per esigenze di velocità, presuppone la immediatezza della notizia e
la tempestività dell’informazione, e, pertanto, non ricorre quando si offre il resoconto
di fatti distanti nel tempo, in relazione ai quali è legittimo pretendere una attenta
verifica di tutte le fonti disponibili, con la conseguenza che, laddove si dà conto di
vicende giudiziarie, incombe l’obbligo di accertare e rappresentare compiutamente
lo sviluppo degli esiti processuali delle stesse.
Ebbene, sarà facile verificare che, tra la famiglia Moccia di Tor Bella Monaca e
quella del mio assistito, non solo non v’è alcun rapporto di parentela (è solo un caso
di omonimia, frequente in piccole città come Afragola), ma nemmeno alcun
precedente giudiziario che possa attestare l’esistenza di relazioni o rapporti di alcun
tipo tra di loro.
Per una migliore valutazione dei fatti, allego certificato anagrafico dal quale risulta
che la famiglia Moccia protagonista del fatto di cronaca oggetto dell’articolo ha
lasciato il territorio di Afragola, trasferendosi appunto a Roma, fin dal 1982“.

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