Sei ergastoli cancellati. Questa la decisione presa quest’oggi nel processo sull’omicidio di Luigi Barretta, assassinato nel 2005 nell’ambito di un’epurazione interna al clan Amato-Pagano. La Corte d’Assise d’appello di Napoli (IV sezione) ha riformato la pena dell’ergastolo comminata in primo grado ed ha condannato a trent’anni i capi e i ras del clan degli Scissionisti.
Ergastolo cancellato per il boss Cesare Pagano: in questo caso determinanti sono state le argomentazioni della difesa in questo caso rappresentata dall’avvocato Domenico Dello Iacono. Fine pena mai cancellato anche per Carmine Amato (difeso dagli avvocati Luigi Senese ed Andrea Di Lorenzo che hanno fatto valere un’efficace linea difensiva), Ciro Caiazza difeso sempre dall’avvocato Luigi Senese che difende anche il ras Carmine Pagano che ha come tutti gli altri visto mutare la pena dall’ergastolo a trent’anni. Stessa decisione anche per Vincenzo Notturno, difeso dall’avvocato Luigi Ferro, Lucio Carriola, difeso dall’avvocato Isidoro Spiezia.
Chi era Luigi Barretta
Barretta, esponente degli scissionisti appena 22enne, venne assassinato dal suo stesso clan, quello degli “scissionisti”, nel maggio del 2005, quando la faida tra gli Amato-Pagano (detti, appunto, gli scissionisti) e il clan Di Lauro andava concludendosi. Una decisione presa per punire quel giovane che si mostrava, scrivono gli inquirenti, “…ribelle e arrogante nei confronti di altri affiliati e dei vertici del clan…”.
Cadavere abbandonato nelle campagne del Casertano
Dopo averlo ucciso i sicari sistemarono il suo cadavere in un sacco dell’immondizia che venne poi scaricato nelle campagne del Casertano.
Carmine Cerrato, vera ‘voce di dentro’ della galassia scissionista parlò di questo omicidio in uno dei suoi primi verbali: «Barretta ucciso perché si era montato la testa, era diventato troppo ribelle nei confronti degli affiliati di rango del clan Amato-Pagano quali Enzo Notturno e Salvatore Cipolletta. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stata un suo litigio con uno dei nipoti di Cesare Pagano, che quest’ultimo non gli aveva specificato. Il primo a parlargliene era stato Notturno, nel corso di un suo viaggio a Bar-cellona. Anche a Cesare Pagano lui aveva chiesto dei motivi dell’uccisione del Barretta e costui gli aveva risposto che il Barretta, che aveva ricevuto dallo stesso Pagano l’incarico di gestire il territorio di Melito che era sotto il controllo del clan, si era montato la testa. Il Pagano gli aveva anche detto che il Barretta aveva avuto una discussione con Salvatore Cipolletta, nel corso della quale il primo aveva minacciato l’altro di morte. Inoltre il Barretta aveva minacciato di uccidere anche un altro affiliato del clan».