Emergono particolari non di poco conto dall’ordinanza di custudia cautelare che ha portato all’arresto di Roberto Mazzarella, 47 anni, e Clemente Amodio, 45 anni, colpevoli di essere i responsabili dell’omicidio di Antonio Maione avvenuto il 15 dicembre 2000 all’interno di una salumeria a San Giovanni a Teduccio. Secondo quanto ricostruito dai magistrati, Maione fu ammazzato perché colpevole di essere il fratello di Ivan, autore dell’assassinio di Salvatore Mazzarella: a compiere quell’omicidio furono Amodio Clemente, coadiuvato da Roberto Mazzarella, ritenuto anche mandante. Quel giorno all’interno della salumeria Antonio era in compagnia di 5 suoi amici, individuati ed ascoltati dagli inquirenti per ricostruire la dinamica dell’omicidio.
Quella mattina Antonio partì da Ponticelli insieme ad Omissis 1 e dopo aver girato per Ponticelli, si diresse a San Giovanni a Teduccio, come concordato da una persona rimasta ignota. Omissis 1 ha spiegato che Antonio, una volta giunto a San Giovanni, incontrò due suoi amici Omissis 2 ed Omissis 3 con i quali si intrattennero al bar prima di riprendere a girare in scooter con l’intento di rivedersi successivamente con gli stessi.
Nel frattempo però Maione vide altri 2 ragazzi a lui noti (Omissis 4 e Omissis 5) e rimase colpito dagli occhiali indossati da uno di questi, al punto da recarsi con loro nella vicina ottica per prenotarne un paio, che gli sarebbero state consegnate nel pomeriggio.
Arrivò l’ora di pranzo e si scelse di consumare un panino nella salumeria Zaccaro nei pressi della quale Omissis 1, Antonio, Omissis 2 e Omissis 3 arrivarono in scooter, mentre Omissis 4 e Omissis 5 giunsero in auto.
I ragazzi ordinarono 6 panini ed una coca da 2 litri e mentre erano intenti a consumare il pranzo, entrò improvvisamente un uomo con il volto coperto da un casco che sparò 4 colpi all’indirizzo di Maione uccidendolo sul colpo.
E’ questa la ricostruzione che trova riscontro anche dalle dichiarazioni degli amici di Antonio sentiti dagli inquirenti nei giorni successivi all’assassinio. Non quadrano però alcuni particolari ed agli atteggiamenti avuti da alcuni di essi dopo l’agguato. Omissis 1, Omissis 2 e Omissis 3 hanno raccontato di aver lasciato la salumeria immedatamente dopo essersi resi conto del decesso dell’amico: il primo per avvisare la madre del giovane deceduto di quanto accaduto, gli altri 2 per far ritorno presso il proprio quartiere. Omissis 4 ed Omissis 5 attesero, invece, la rimozione della salma, dopo aver personalmente allertato una volante della polizia che passava in zona.
Reazioni diverse, così come le versioni raccontate da Omissis 1 e Omissis 2, le persone con le quali presumibilmente aveva stabiliti di incontrarsi Maione quella mattinata a San Giovanni a Teduccio.
Omissis 2 ha, infatti, riferito ai magistrati di aver incontrato nelle ore successive al delitto prima Omissis 3 e successivamente anche Omissis 4 ed Omissis 5 con i quali non accennò minimamente a quanto accaduto all’interno della salumeria.
Versione però smentita da Omissis 3 che ha riferito di aver incontrato la sere stessa Omissis 2 la sera stessa e di aver con lui commentato l’omicidio, chiedendosi quali potessero essere stati i motivi e chi fosse stato ad ammazzare Maione.
Anche Omissis 5 ha riferito agli inquirenti di aver parlato la sera stessa dell’omicidio proprio con Omissis 2 e Omissis 3 con i quali avrebbero condiviso le paure per la propria incolumità rispetto a quanto accaduto nella salumeria.
Nonostante il dubbio che qualcuno di essi abbia potuto avere un ruolo nell’omicidio, il gip ha ritenuto che non vi fossero elementi sufficienti per contestare loro il reato di
concorso esterno in omicidio, come si evince dallo stralcio dell’ordinanza di seguito riportato.
“Indubbiamente gli elementi per ritenere che Antonio Maione sia stato attirato nella salumeria da qualcuno di cui era in compagnia al momento del suo assassinio in
particolare Omissis 2 e Omissis 3 non sono tali da consentire di estendere loro l’accusa
[…] Aldilà di ogni congettura su chi abbia effettivamente agevolato l’azione dei killer, quel che rileva ai ni dell’integrazione della premeditazione è la considerazione che le modalità dell’agguato non potevano essere il frutto di un casuale incontro con la vittima
ma erano state programmate attirandola in un territorio in cui l’azione era agevolata dal totale controllo del clan che agiva”.