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Pasquale Di Fenza difende il tiktoker Angelo Napolitano: “No a processi social”

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«Con grande stupore apprendo la notizia del sequestro a carico dell’imprenditore e noto tiktoker Angelo Napolitano. In attesa che la magistratura faccia il proprio corso, non posso nascondere la mia preoccupazione per il contesto in cui la vicenda si inserisce», dichiara in una nota Pasquale Di Fenza, consigliere regionale della Campania.

«Spero sinceramente che tutto ciò non sia collegato al fermento che si sta generando attorno a nuove iniziative politiche, in particolare alla discesa in campo di figure provenienti dal mondo digitale e dei social. Mi auguro che non si tratti di un tentativo di screditare una possibile nuova proposta, ritenendo — erroneamente — che Napolitano possa esserne il promotore o il finanziatore».

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«Ancora più amarezza suscita la quantità di attacchi personali e giudizi sommari che in queste ore si stanno riversando contro la sua persona. Avrei voluto leggere e sentire lo stesso clamore in occasione di tragedie ben più gravi, come i tanti episodi di femminicidio o il drammatico suicidio del piccolo Paolo, vittima di bullismo», prosegue Di Fenza. «Viviamo in una società dove troppo spesso prevale l’invidia e il bisogno di demolire, piuttosto che costruire. In un momento così delicato, invito tutti al rispetto, al silenzio responsabile e al senso di giustizia, ricordando che la verità non si accerta sui social ma nei luoghi istituzionalmente preposti. Rinnovo la mia fiducia nella magistratura e mi auguro che, se dovessero emergere responsabilità, vengano chiarite in modo netto, ma che allo stesso tempo sia garantita la tutela della dignità personale di chi è coinvolto. E, se Napolitano dovesse risultare colpevole dei fatti a lui contestati, sarò il primo a condannarlo e a prendere le distanze», conclude il consigliere regionale.

Espulso da Azione dopo il TikTok con la De Crescenzo, il consigliere regionale annuncia ricorso

«Nessun processo, nessun contraddittorio, nessuna convocazione. Solo un tweet e un post su Instagram e Facebook. Questa è stata la mia defenestrazione da parte del leader di Azione, Carlo Calenda, che ha deciso – con toni più adatti a una lite da strada che a un leader di un partito che ha avuto esperienze di governo – di espellermi senza alcun rispetto per le regole statutarie, né per la mia dignità personale e istituzionale.» Lo dichiara in una nota il Consigliere regionale della Campania Pasquale Di Fenza, già capogruppo di Azione in Consiglio regionale, espulso lo scorso 8 agosto dopo un video in cui compariva nella sede dell’Assemblea regionale con due tik toker mentre intonavano l’inno di Mameli e sbandieravano il Tricolore.

«Calenda ha scelto la gogna mediatica anziché il confronto e la richiesta di chiarimenti, a cui un vero leader politico dovrebbe attenersi e come prevede lo statuto. Ha trasformato un partito nato per promuovere la competenza e il rispetto delle istituzioni in un palco personale, dove chi non si allinea viene umiliato pubblicamente. Io non mi piego a questa logica autoritaria, offensiva e incompatibile con i principi democratici, che mi hanno sempre visto – e continueranno a vedermi – accanto ai più deboli. Non è un caso che abbia scelto di incontrare i giovani, anche attraverso i social e i nuovi linguaggi comunicativi.» Di Fenza, inoltre, annuncia di aver presentato ricorso contro la decisione di Calenda, assistito dall’avvocato Lorenzo Borrè del Foro di Roma – noto per aver difeso numerosi attivisti del M5S espulsi in modo arbitrario.

«Con questo ricorso – spiega Di Fenza – intendiamo far valere le regole, evidenziando le violazioni procedurali e riaffermare il diritto al contraddittorio. Non si può guidare un partito come un profilo social personale: la politica non è un ring virtuale, ma un luogo di confronto reale, dove chi è eletto dai cittadini deve poter esercitare il suo mandato senza timore di ritorsioni arbitrarie.» E conclude: «Sono stato eletto dai cittadini, non da Calenda. Il mio impegno istituzionale continuerà con serietà, trasparenza e autonomia. Chi pensa di eliminare il dissenso a colpi di post sui social troverà risposte nelle aule di giustizia e, soprattutto, nella coscienza degli elettori».

A stretto giro è arrivata anche la replica del leader di Azione Carlo Calenda: «Non me ne può fregare di meno… C’è un problema di rincoglionimento collettivo. Stiamo morendo nella idiocrazia collettiva».

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