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sabato, Luglio 5, 2025
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Slot imposte dal clan e minacce a commerciante: condannati uomini di Zagaria

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Entrarono nel bar e si presentarono come uomini del clan Zagaria. Così, senza tergiversare. Nominare il nome del capo clan sarebbe stato un modo per ottenere un consenso rapido. Eppure, non andò esattamente così. Il proprietario di un bar di Casapesenna rifiutò le slot machine del clan: gli uomini del clan, i fratelli Garofalo, fecero dietro front a mani vuote. Ma servire un rifiuto al clan egemone della zona vuol dire, quasi sempre, ricevere un conto salatissimo in termini di minacce, ritorsioni e chissà cos’altro. Così fu. In poco tempo, la clientela scomparve: furono messe in giro strane voci che indussero i clienti a cambiare bar. Oltre al gran rifiuto, il proprietario del bar rispose con una denuncia: estorsione. Non passo molto tempo che il clan mandò le sue donne a consigliare al commerciante di ritirare la denuncia o, al limite, a rimodularle.

E’ la mano nera della camorra che fa marcire ogni cosa. Dopo qualche tempo, il commerciante fu costretto a vendere il bar. Più nessuno osava avvicinarsi ai caffè preparati da chi aveva detto di “no” agli Zagaria. Se il paese gli volto le spalle, qualcuno decise di non abbandonarlo. Un avvocato, la legge, lo Stato. La denuncia divenne processo e, poi, condanna. Il 29 giugno 2017 i fratelli Garofalo vennero condannati per estorsione e minacce, aggravate dal metodo mafioso. Fecero ricorso, ovviamente. Ma, oggi, la Corte d’Appello di Napoli ha messo il punto esclamativo sulla vicenda: condanna confermata e galera per gli uomini del clan Zagaria. Comincia, a questo punto, la risalita dell’uomo che ha osato dire di no al clan. Non sarà semplice. Purtroppo.

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