Il cerchio intorno al raid incendiario messo a segno alla Sanità non è chiuso. All’appello mancano ancora due nomi. Quelli degli esecutori materiali. Se è vero infatti che Pasquale Amodio, Francesco Grasso, Ciro Minei e Gennaro Passaretti sono stati bloccati a tempo record, la caccia è ancora aperta per quanto riguarda gli autori dell’incursione notturna in via Vergini.
CACCIA APERTA. I due ragazzi con i giubbini e i volti travisati dai caschi semintegrali, quelli immortalati nelle immagini catturate dall’impianto di videosorveglianza dell’Arma, sono attualmente ricercati. Fino ad ora sono riusciti a sottrarsi alla cattura, ma gli investigatori della compagnia Stella hanno già tra le mani una rosa di nomi che da qui a breve dovrebbe dare i suoi frutti. Del resto l’attività d’indagine non si è ancora conclusa. I carabinieri, da qui ai prossimi giorni, passeranno infatti al setaccio le registrazioni effettuate dagli altri occhi elettronici seminati nella zona di via Vergini e dintorni. E, dando per scontato che i quattro soggetti già fermati faranno scena muta durante l’udienza di convalida, è proprio da quei frame che potrebbero arrivare gli elementi utili a fornire lo sprint decisivo.
Il caso resta comunque per il momento avvolto dal massimo riserbo. L’unica certezza è che anche le due giovani primule rosse siano dei personaggi già a pieno titolo inseriti nei ranghi del clan Sequino. Gente spregiudicata, che all’occorrenza non esita a ricorrere alla violenza per far valere il proprio potere sul territorio.
VOLTI “NOTI”. Per rendersi conto dell’effettiva caratura dei soggetti coinvolti in questa vicenda, è sufficiente sfogliarne il curriculum criminale. Particolarmente “ricco” quello di Pasquale Amodio. Il 44enne, oltre che per via dei suoi innumerevoli precedenti di polizia, è salito agli onori della cronaca il 3 agosto dello scorso anno – scrive Il Roma – C’era anche lui, quel pomeriggio in vico Nocelle, a Materdei, quando un commando di sicari entrò in azione freddando il boss del Cavone Salvatore Esposito e il suo socio Ciro Marfè. Amodio rimase ferito in maniera piuttosto seria, ma alla fine riuscì miracolosamente a scampare all’agguato. Segno che non era lui il vero obiettivo dei killer. Ma l’episodio la dice comunque lunga sulla “liquidità” del clan Sequino e dei suoi affiliati di rilievo: malavitosi capaci di tessere reti di collaborazioni anche ben oltre il perimetro del rione Sanità. Il nome di Gennaro Passaretti ha invece fatto capolino tra gli atti dell’inchiesta sull’omicidio del 17enne Genny Cesarano, ammazzato per errore dal gruppo di fuoco dell’ex boss Carlo Lo Russo durante la stesa messa a segno la notte del 5 settembre 2015 in piazza San Vincenzo.
Passaretti, intercettazioni ambientali alla mano, avrebbe in particolare fatto parte della “paranza” che la sera precedente aveva fatto irruzione, armi alla mano, nel cuore di Miano, a due passi dal fortino dei “Capitoni”. Sarebbe stata proprio quella folle incursione a scatenare, poche ore più tardi, la drammatica sventagliata di piombo di cui rimase vittima il giovane Genny Cesarano.
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