Era il referente degli Abete-Abbinante a Melito. Una posizione scomoda in quei mesi a cavallo tra il 2011 e il 2012, giorni in cui maturava il piano criminale di Mariano Riccio e quelli della Vanella Grassi. In quel gennaio del 2012, in quel sanguinario gennaio perse la vita il 28enne Fortunato Scognamiglio: l’uomo fu ucciso a colpi di arma da fuoco davanti a un bar in via Carlo Alberto Dalla Chiesa.
Ad agire due killer: Scognamiglio, con precedenti per droga secondo le prime informazioni, accortosi delle intenzioni dei sicari avrebbe tentato, invano, di sfuggire alla morte. La sera dell’agguato entrò in azione un commando misto, formato da sicari degli Amato-Pagano da Melito e della Vanella Grassi, frutto di un’alleanza decisa a tavola in un ristorante di Bacoli due mesi prima. Un’alleanza che mirava, per quanto riguarda Riccio, a mettere a tacere le voci e i malumori attorno alla sua leadership e, per Mennetta e suoi, approfittare dell’indebolimento delle famiglie di Scampia per tentare la scalata al potere assoluto. «Progettammo di prendere un furgoncino, sequestrare Fortunato Scognamiglio, portarlo nella casa abbandonata, cercare di farlo ‘avotare’ con noi, per fargli dire tutto ciò di importante che sapeva tra cui i conti delle estorsioni (la vittima, quanto pagava) ogni cosa illecita e proponendogli di portare, invece che ad Arcangelo Abete, che in quel momento era in carcere, agli Amato-Pagano. Una volta che avesse detto tutto, gli avremmo sparato in faccia, gli avremmo tagliato la testa ed avremmo lasciato la testa come trofeo nello chalet Baku». Queste le parole di Giovanni Illiano agli inquirenti: Illiano fu arrestato in quanto considerato l’esecutore materiale di quel delitto.