Torna d’attualità una delle piste alternative già emerse nel 2020 nel caso del delitto di Garlasco, che costò la vita a Chiara Poggi il 13 agosto 2007. La Procura di Pavia ha riaperto un fascicolo con un nuovo indagato: Andrea Sempio, ora sotto inchiesta per concorso in omicidio con Alberto Stasi o con ignoti. Al centro dell’indagine, nuovamente, ci sono le presunte incongruenze legate alla scena del crimine, in particolare al bagno della villetta di via Pascoli.
Secondo la ricostruzione ora al vaglio, l’assassino non si sarebbe lavato le mani nel bagno dopo l’omicidio o, se lo fece, non avrebbe ripulito accuratamente né il lavandino né il dispenser del sapone. Una circostanza non secondaria, poiché smentirebbe un punto centrale della sentenza d’appello bis – confermata poi dalla Cassazione – che portò alla condanna di Alberto Stasi a 16 anni. Per i giudici, infatti, l’aggressore si lavò le mani e pulì la scena, come testimoniato dalle due impronte digitali di Stasi trovate sul dispenser.
Ma le nuove valutazioni degli inquirenti – già sollevate dai carabinieri nel 2020 – mettono in dubbio quella dinamica. Sul dispenser, infatti, furono repertate numerose impronte sovrapposte, non compatibili con una pulizia completa. Inoltre, vennero rinvenuti DNA di Chiara e della madre, segno che l’oggetto non fu lavato dopo il delitto. Un altro dettaglio che alimenta i dubbi è la presenza, documentata nei primi rilievi fotografici, di quattro lunghi capelli neri vicino allo scarico: elemento che, secondo gli investigatori, dimostra che il sangue non fu rimosso con cura, altrimenti i capelli sarebbero stati trascinati via dall’acqua. Capelli che non potevano appartenere al biondo Stasi.
Nonostante ciò, nel 2020 il fascicolo fu archiviato: per i magistrati, infatti, il sangue si lava più facilmente dei capelli, che tendono invece a restare attaccati anche dopo il risciacquo. La tesi dell’accusa è che l’assassino si sia lavato in fretta, senza verificare il risultato.
Secondo la memoria del tenente colonnello Giampietro Lago (Ris di Parma), quei capelli sarebbero della vittima, strappati mentre veniva trascinata verso il seminterrato. Le impronte di una suola “a pallini” numero 42 – compatibile con le scarpe Frau acquistate da Stasi – confermerebbero la presenza dell’assassino in bagno. E nel processo è emersa anche una fotografia del pigiama insanguinato di Chiara, dove sarebbero visibili le impronte digitali dell’aggressore, mai analizzate a causa del sangue.
La nuova inchiesta torna a rimettere in discussione anche un altro elemento cruciale: l’impronta n.10 sulla porta interna d’ingresso della villetta. Secondo una recente consulenza dattiloscopica, quell’impronta non appartiene né a Sempio, né a Stasi, né ad altri conosciuti. Un elemento che, assieme alla possibilità che l’omicidio sia stato commesso da più di una persona, potrebbe aprire nuovi scenari.