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mercoledì, Aprile 24, 2024
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False accuse di terrorismo per incastrare un immigrato, condannati i 3 carabinieri di Giugliano

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Sono stati condannati a 9 anni ciascuno Amedeo Luongo, Castrese Verde e Giuseppe d’Aniello, i tre carabinieri arrestati poichè accusati aver confezionato false prove per nascosto nella abitazione di un giovane ghanese armi e documenti per incastrarlo, ventilando addirittura l’ipotesi di un suo coinvolgimento in attività terroristiche legate all’Isis. Per tutti e tre (difesi dagli avvocati Pietro Ciccarelli, Michele Giametta e Tuccillo) la richiesta da parte del Pm era stata di  11 anni e 6 mesi.

Le accuse

Le accuse sono di falso ideologico, calunnia, detenzione e porto illegale di armi clandestine. Assolti invece per rapina. Le indagini che hanno portato alla luce l’attività illecita dei tre carabinieri in servizio a Giugliano sono state condotte dalla Guardia di Finanza di Aversa (Caserta).

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Le indagini

Avevano programmato tutto nei minimi dettagli: l’arma, la cartina del centro commerciale, la copia del Corano ed il volantino dell’Isis. Le prove, rivelatesi poi false, erano state costruite ad hoc per incastrare “uno degli ultimi”, così come viene descritto nell’ordinanza di custodia cautelare il povero Osman, ghanese residente a Giugliano.

Suo malgrado il 25 giugno scorso si è ritrovato dietro le sbarre con accuse gravissime: custodia di armi clandestine ventilando l’ipotesi di un suo coinvolgimento in attività terroristiche legate all’Isis.

il falso attentato al centro commerciale

Pur sapendo che Osman era innocente, i tre carabinieri (leggi qui i nomi) sono accusati di aver posizionato una serie di documenti per dimostrare la volontà di compiere un attentato con decine di vittime in un noto centro commerciale. Progetto che sulla carta – questo è da chiarire – non è mai esistito. Nello specifico i militari si erano adoperati per far trovare due pistole (un revolver con matricola abrasa e 6 cartucce e una pistola semiautomatica, ndr), volantini del centro commerciale con l’indicazione delle vie d’accesso, una copia del Corano e materiale contenente propaganda fondamentalista legata all’Isis, tra cui un quaderno inneggiante ad Allah e diversi manoscritti.

Secondo quanto si è appreso, i tre militari avrebbero portato a termine questa falsa indagine allo scopo di ottenere un encomio. Come si legge nell’ordinanza “questa era un’occasione da sfruttare non solo per la fiducia dei propri superiori gerarchici ma per assurgere agli onori della cronaca quali salvatori della pubblica incolumità ed eroici tutori dell’ordine capaci da soli di sgominare una micidiale cellula terroristica”. 

Il primo tentativo

I soggetti hanno tentato di procurarsi armi clandestine, poi farle ritrovare nella disponibilità “di ignari ed estranei immigrati, colpevoli solo di essersi imbattuti nei tre carabinieri infedeli, ma solo per quelle gravi accuse a loro carico destinati ad una lunga detenzione ed al marchio dell’appartenenza a pericolosissimi gruppi terroristici”, scrive il Gip. Appartenenza che nei fatti non c’è mai stata. “La scelta della vittima – precisa il giudice –fu casuale tra i diseredati e indifesi”. 

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