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sabato, Giugno 28, 2025
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Fanno l’amore durante un colloquio in carcere, lei resta incinta: “Non può vedere il figlio”

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Una coppia ha avuto un bambino mentre il padre era in carcere, e gli è stato negato di assistere alla nascita del figlio.

Questo è successo a Bologna, dove la madre del bambino ha raccontato:Abbiamo concepito in carcere, alla Dozza, il nostro secondo figlio, durante un normale colloquio, approfittando del fatto che nessuno ci stesse sorvegliando. Poi quando si è avvicinato il momento della nascita abbiamo fatto istanza al magistrato di sorveglianza per consentire al papà di essere presente, ma la richiesta è stata rigettata perché il carcere ha dichiarato che non potevamo avere colloqui intimi e quindi era impossibile che fosse figlio suo. Sono stati violati i nostri diritti”.

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La donna ha spiegato che durante la gravidanza il compagno, detenuto fino al 2039 per una serie di rapine, ha informato le autorità del carcere e anche l’educatrice e che nessuno ha detto nulla. “Poi però è stata messa in dubbio la sua paternità e il magistrato ha deciso di non farlo venire alla nascita, avvenuta il 2 marzo, una cosa che non si nega nemmeno ai detenuti al 41 bis. Il rigetto, tra l’altro, ci è stato notificato dopo che mio figlio è venuto al mondo”. Ha continuato la madre.

L’iter di riconoscimento

A seguito della nascita, anche l’iter del riconoscimento è stato difficile, la donna lo definisce estenuate: “Il magistrato infatti ha respinto anche la richiesta di far venire il mio compagno in ospedale per vedere suo figlio e riconoscerlo, dicendo che poteva farlo in carcere entro dieci giorni dalla nascita. Alla fine ho dovuto firmare in Comune un atto di consenso al riconoscimento paterno e finalmente, il 12 marzo, l’ufficiale della anagrafe è venuto in carcere per fargli firmare i documenti. Il mio compagno sta pagando per quello che ha fatto, ma era un suo diritto veder nascere il figlio. Tutto questo non sarebbe successo se fosse rispettato il diritto ad avere colloqui affettivi in carcere, come ha stabilito anche una sentenza della Cassazione lo scorso anno”.

La vicenda è stata seguita dall’avvocata Elena Fabbri, che ha raccontato della poca dignità di quanto successo:“Parliamo di un evento straordinario, la nascita di un figlio. Inoltre i colloqui affettivi sono un diritto, non solo per il detenuto ma anche per i familiari. In queste situazioni c’è tanta burocrazia e poco rispetto per i reclusi. Credo che il carcere si sia trovato in una situazione di imbarazzo, perché qualcuno avrebbe dovuto vigilare su quel colloquio”. 

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