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sabato, Aprile 20, 2024
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Giovan Battista Basile a Giugliano vittima sacrificale del manicheismo culturale

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di Emmanuele COPPOLA

Uno scorcio di disinteresse crepuscolare in occasione del 456° anniversario.

Sarebbe stato più fortunato, l’autore di Lo cunto de li cunti, se fosse nato a Villaricca, la Panecuocolo di Cicella e Micco Antuono.

Sono ancora indeciso se mi convenga scrivere qualcosa di serio, o di lasciare che ancora una volta se ne occupi Candido Lampione, come io ricordo che abbia fatto, per l’ultima volta, nell’ottobre del 2015. Egli, l’ineffabile Conzigliere comunale, che dal 1978 ha visto passare sotto i ponti, a Giugliano, non solo acqua, ma detriti e materiali di risulta, scrisse allora una Lettera al Sindaco perché non era riuscito a farsi ricevere attraverso la sua Segreteria. E gli scrisse una Lettera in previsione del 450° anniversario della nascita di Giovan Battista Basile, che si sarebbe dovuto celebrare dopo circa quattro mesi, il 15 febbraio del 2016.

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Per quest’anno, ci saremmo già dovuti attrezzare per riuscire a trovare nelle bottegucce del centro storico sgarrupato le 456 candeline da spegnere in pubblico, durante una manifestazione culturale, magari con l’entusiastica partecipazione di tutti i Consiglieri comunali, invitati, una volta tanto, a soffiare tutti insieme sulla torta culturale più rappresentativa della Città di Giugliano.

Ma pare che queste candeline siano andate disperse, se non perdute, durante qualche frettolosa ricognizione delle masserizie e degli altri armamentari da portare al macero con i bidoni della cosiddetta ‘‘raccolta indifferenziata’’, che è il modo più semplice e sbrigativo per disfarsi dell’immondizia e degli orpelli della memoria che i nostri nonni avevano continuato a stipare con maniacale e atavica religiosità familiare ’ncopp’ ’o suppigno o abbascio ’o scantinato, fino a quando poi siamo arrivati noi, in cerca di altri spazi da convertire alle nostre comodità mentali, ed abbiamo cominciato a fare pulizia, ad abbattere i muri di recinzione ed a sbancare i terreni degli orti della memoria per allocarvi le giostre dei nuovi progetti generazionali.

Immagino, a questo punto, che qualcuno, insorgendo dalla posizione supina di comodo rilassamento mentale, vorrà obiettare sull’illogico accostamento di queste ultime considerazioni peregrine all’incipit delle mie farneticazioni a proposito del Basile, col domandarsi, e domandare di riflesso a me, ‘‘E chesto che ci azzecca?’’.

La domanda troverà accoglienza e benevola comprensione, riconoscendo al mio interlocutore di essersi distratto, non so da quanti anni, e di non essersi accorto che tra le cianfrusaglie e la sfravecatura da portare in discarica ci abbiamo occultato anche il busto di Giovan Battista Basile, dando mazzate sulle mani a quei pochi irriducibili scalmanati che cercavano di tirarlo giù dal carretto dei monatti, senza farci capire che cosa se ne volevano fare, perché a Giugliano, in tanti, per non dire quasi tutti, la domanda, a proposito di quel busto scorticato ed ingombrante di Giovan Battista Basile, se l’erano già posta: ‘‘Ma noi che ce ne dobbiamo fare?’’.

Ma un oggetto, come un’idea, diventa ingombrante quando non sappiamo cosa farcene. Così c’è da credere sia stato considerato il Basile, io dico per l’incapacità di scrutarne i segreti, di valorizzare la materia e di scandagliare il suo valore di mercato, tanto da trattarlo come un vecchio cavalluccio di cartapesta da esporre sopra una qualsiasi bancarella della nostra fiera settimanale.

Ribadisco, per averlo già scritto più volte, che la sfortuna del nostro più illustre concittadino, ai fini della sua memoria culturale, è stata di essere nato a Giugliano, avvalorando l’icastica definizione dell’abbandono, secondo la quale ‘‘Nemo propheta in patria’’. Volendo pure tenerci il vuoto privilegio di avergli dato i natali, forse il Basile avrebbe conseguita maggiore fortuna se fosse morto in un altro paese, perché, probabilmente, saremmo stati trascinati a rimorchio per celebrarne la grandezza, un po’ come noi Giuglianesi ci vantiamo della presenza di Publio Cornelio Scipione, detto l’Africano, che ci fece il piacere di venire a trascorrere gli ultimi suoi anni a Liternum, e scegliendo di esservi sepolto, memore antesignano di una ‘‘ingrata patria’’.

E ricordo pure di aver scritto che sarebbe stato più fortunato, il Basile, se fosse nato a Villaricca, la Panecuocolo di una delle sue Fiabe; e Candido Lampione, in una delle sue esilaranti esternazioni politico-culturali, proponeva di venderlo alla nostra limitrofa cittadina. Ma erano provocazioni culturali, alle quali i nostri amministratori occasionali non avrebbero mai abboccato.

Probabilmente, l’assurda fantasiosa proposta di svendere a Panecuocolo il nostro trascurato Giovan Battista Basile sarebbe stata una soluzione lungimirante, considerata la straordinaria attenzione culturale politica ed amministrativa che si è imbastita e prodotta sul nome di Sergio Bruni, del quale si celebra, quest’anno, il Centenario della nascita. Ma lo stesso Conzigliere Candido Lampione, esempio di affezione politica e culturale sempre dimostrata a favore della sua città, avrebbe potuto prendere in considerazione l’ipotesi di vendere il Basile agli orgogliosi cittadini di Parete, magari ricavandoci dieci moggi di terreno coltivato a fragole, e chiudendo una volta e per sempre la querelle della ‘‘patria paretana scippata dai Giuglianesi’’, in passato rivendicata con veemenza culturale dagli ottimi storici Gaetano Corrado e Leopoldo Santagata.

Invece stiamo qui, ancora una volta, a parlare delle ‘‘avventurose disavventure’’ di Giovan Battista Basile, dando per scontato che non intendo fare l’esegesi letteraria del prezioso testo pubblicato a Napoli nel 1611, perché – molto più terra terra – voglio alludere alle disgraziate sorti del suo riscatto in patria, ovvero della concreta disaffezione culturale politica ed amministrativa di quei Giuglianesi che hanno relegato il Basile a rimanere nascosto in una cantina, e di trattarlo come un simulacro occasionale da esporre temporaneamente al pubblico per giustificare qualche sostanzioso contributo da dilapidare. E poi, come si suol dire, ‘‘Passato ’o santo, [è] passata ’a festa…’’.

Ricordo di aver scritto, nel settembre scorso, un articolo per denunziare, ancora una volta, che «Nel nome di Giovan Battista Basile [si erano fatti trascorrere] 25 anni di chiacchiere e tabacchere ’i ligmamme», perché «in questa presuntuosa Città del niente resiste solo la vacuità dell’effimero». Mi dilungavo a scrivere una parte di storia trascurata, che andrebbe ordinatamente raccontata, perché avevo letto da qualche parte che si voleva programmare un’altra originale riesumazione di Giovan Battista Basile, ricominciando, ovviamente, sempre daccapo, come se niente si fosse fatto negli ultimi trent’anni, attingendo alla sorgente avvelenata del manicheismo culturale.

Del Basile, come Questione culturale, mi piace continuare a scrivere tra il serio ed il faceto, forse per tentare di accattivarmi la benevolenza degli uni e degli altri, ovvero di quanti vorrebbero vederlo assurto a simbolo dell’identità culturale della Città di Giugliano e di quanti, invece, credono che esso sia argomento di una fastidiosa e ripetitiva barzelletta, per cui mi dibatto nell’indecisione di continuare ad esprimere delle mie originali considerazioni critiche e nella tentazione di restituire la parola al Conzigliere comunale Candido Lampione, sempre memore della locuzione latina secondo la quale ‘‘satira castigat ridendo mores’’, che ci riporta indietro, a Quinto Orazio Flacco, che domandava ai suoi ipercritici interlocutori: ‘‘Ridentem dicere verum, quid vetat?’’.

In riferimento a quello che scrivevo nel settembre scorso, a proposito di una notizia ventilata nel riserbo di un indistinto anonimato, cioè che si ipotizzava di programmare un’altra originale riesumazione di Giovan Battista Basile, addirittura con un Premio Letterario Nazionale, ignorando tutto quello che si era già fatto negli ultimi trent’anni, non trovo di meglio, in quest’altro scorcio di disinteresse crepuscolare, cioè in occasione del trascurabile 456° anniversario della nascita di Giovan Battista Basile a Giugliano, che riportare uno stralcio significativo di quella Lettera che Candido Lampione aveva indirizzato al Sindaco pro tempore, nell’ottobre del 2015: «Io credo che di Giambattista Basile ce ne dobbiamo fare occupare a chi fino a mó ci à avuto a cheffare e che anghe senza soldi à condinuato a cantare la messa in una chiesa vuota. se poi a questi li vogliamo buttare senza neanghe fare la raccolta differenziata fate voi. io che vi debbo dire? significa che a mé la città di Giugliano questa volta mi dovrà assolvere per non aver commesso il fatto».

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