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sabato, Giugno 28, 2025
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Condizioni disumane in carcere, detenuto di Napoli ottiene ‘risarcimento’ di un anno

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Un caso destinato a fare giurisprudenza e che ricalca le motivazioni di fondo di un’altra famosa sentenza, quella Torreggiani. Era il 2013 e la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo condannò l’Italia per i trattamenti inumani e degradanti che infliggeva alle persone detenute in istituti sovraffollati e dalle condizioni di vita indegne. Furono i giudici della Corte di Strasburgo a imporre alle autorità italiane una stagione di cambiamenti nel sistema penitenziario. In pratica, come scrissero i giudici nella sentenza Torreggiani, se entro un anno l’Italia non avesse migliorato sensibilmente le condizioni delle proprie carceri sarebbero tornati a condannarla in ciascuno dei migliaia di ricorsi analoghi, costringendola al pagamento di somme esorbitanti. Oggi come allora la storia si ripete e questa volta il ‘protagonista’ suo malgrado è un napoletano, Ciro Granieri, ex ras dello spaccio di Forcella già coinvolto nell’inchiesta ‘Piazza pulita’.

L’iniziale ricorso bocciato dal magistrato di sorveglianza

Granieri, condannato a oltre dieci anni per cumulo di pene, aveva presentato ricorso per  chiedere il risarcimento del danno derivante dalle condizioni detentive disumane e degradanti subite nel corso della detenzione sofferta fino a quel momento nel carcere di Avellino, in contrasto con l’articolo 3 della Cedu (Convenzione Europea per i diritti umani). Con ordinanza il magistrato di Sorveglianza di Avellino rigettava il reclamo. Nel motivare il suo provvedimento, il magistrato prendeva atto che, diversamente da quanto da lui riferito, il detenuto era stato ristretto sempre in uno spazio pro capite superiore ai tre metri quadri, che aveva avuto la possibilità di svolgere attività all’aria aperta, di utilizzare la toilette in privato, oltre che di godere di una quantità di luce e di aerazione sufficienti e che dunque non vi erano prove di alcuna violazione.

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Il ricorso presentato dal difensore di Granieri

Il difensore di Granieri, l’avvocato Giuseppe Perfetto, non si è dato per vinto e ha presentato ricorso contro questa ordinanza. Il difensore ha evidenziato che la Corte di Cassazione in una precedente pronuncia aveva chiarito che i ‘fattori compensativi’ fanno riferimento a una serie di elementi (congruo numero di ore da trascorrere quotidianamente all’esterno delle celle; adeguate condizioni di igiene; possibilità di accedere al regime di detenzione cosiddetto aperto; adeguate condizioni di illuminazione, areazione e climatizzazione; accesso all’acqua corrente e ai servizi sanitari; possibilità di accedere a postazioni telefoniche ed informatiche; possibilità di acquistare generi di necessità; possibilità di accesso alle visite, al lavoro, allo svolgimento di attività educative, sportive, terapeutiche) e che «il giudizio sulla natura inumana o degradante della pena è unitario e complessivo, statuendo che i fattori compensativi costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività se ricorrono congiuntamente, possono permettere i superare la presunzione di violazione dell’articolo 3 Cedu». L’avvocato Perfetto nel ricorso ha ricordato che le condizioni complessive non sono presenti tutte allo stesso modo e così il Tribunale di sorveglianza di Napoli (presidente Spinelli) ha accolto il suo ricorso concedendo a Granieri 300 giorni di riduzione della pena a titolo di risarcimento del danno subito per effetto della violazione dell’articolo 3 Cedu.

 

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