L’omicidio di Gennaro Amaro è stato ricostruito dai magistrati grazie alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Gennaro Masi avrebbe appreso i dettagli da 2 affiliati del clan Ciccarelli, comunque molti nel sistema sapevano che a sparare fosse stato Mariano Vasapollo. Quest’ultimo dopo l’omicidio Solimene si sarebbe complimentato con Masi dicendogli: “Ora siamo in due a sparare”.
I dettagli sono contenuti nell’ultima ordinanza custodia cautelare notificata ai 4 esponenti del clan Ciccarelli di Caivano tra cui il capoclan Antonio: il provvedimento è stato firmato dal gip Emilia di Palma. Per l’omicidio Amaro sono indagati il boss Antonio Ciccarelli come mandante, Mariano Alberto Vasapollo come esecutore materiale e Antonio Cocci come specchiettista. L’agguato camorristico fu condotto nel parco Verde di Caivano l’8 agosto del 2014. Ricordiamo che Masi è indagato per l’omicidio del giovane Emilio Solimene.
OMICIDIO AMARO, IL RACCONTO DEL PENTITO MASI
“Quando ebbe eseguito l’omicidio di Amaro Gennaro, Vasapollo Mariano immediatamente mi disse con fierezza: “ORA SIAMO IN DUE A SPARARE!”. Questa fu un’ulteriore conferma del fatto che era stato lui ad uccidere AMARO Gennaro. Vasapaollo Mariano mi confessò dei particolari dell’omicidio Amaro Gennaro: mi disse alcune circostanze relative al luogo dove era stato eseguito l’omicidio e mi disse che Amaro Gennaro aveva detto che prima aveva rinviato l’appuntamento tramite la sua convivente perché doveva allontanarsi per fare delle cure mediche” – ricostruisce il collaboratore di giustizia al gip- “VASAPOLLO Mariano mi raccontò di averlo colpito prima per due – tre volte al corpo e poi di averlo finito con un colpo in testa, mi pare in fronte. Queste informazioni le seppi da VASAPOLLO Mariano dopo l’omicidio di SOLIMENE.” Secondo il collaboratore di giustizia Masi sarebbe stato Ciccarelli a ordinare l’omicidio di Amaro. Prima di morire la vittima avrebbe riferito all’ex boss di Caivano di un presunto piano omicida ordito da Massimo Gallo e Carlo Oliva.
«Io faccio clan a parte», la ‘sfida’ ai Ciccarelli prima dell’omicidio del Parco Verde
E’ stato il collaboratore di giustizia Masi a spiegare quale era il clima in cui è maturato l’omicidio di Emilio Solimene, delitto avvenuto al Parco Verde il 13 ottobre del 2014. Un omicidio, insieme a quello di Gennaro Amaro, che altro non sarebbe che la diretta conseguenza di una frizione interna al clan camorristico Ciccarelli, poiché le vittime, organiche a quel contesto, avevano intrapreso iniziative autonome non accettate dai vertici del clan.
Secondo Gennaro Masi il clima si fece incandescente dopo la scarcerazione di Antonio Ciccarelli nel periodo seguente alla morte di Mattia Iavarone, uno dei gestori della piazza: «Ciccarelli chiese avesse ucciso Iavarone durante la propria detenzione. Antonio Ciccarelli era adirato per l’omicidio di lavarone e quindi volevo sapere chi lo avesse ucciso. Non si è mai avuta risposta. Però accadde un episodio che all’interno del nostro ambiente fu molto significativo, e che mi raccontò lo stesso Ciccarelli Antonio: in pratica, quando fu scarcerato, Ciccarelli Antonio chiamò il Solimene e gli chiese: “Vuoi la piazza o il mensile?”. In modo inaspettato, Solimene rispose che voleva la piazza. Tale scelta, nel nostro ambiente, rappresenta una pesante retrocessione nel ruolo criminale: infatti, la gestione di una piazza di spaccio è compito meno importante e meno remunerativo rispetto al ruolo di affiliato del clan, che riceve un mensile ben più cospicuo, tra i 7mila e i 10mila mensili. La risposta di Solimene fu interpretata da Ciccarelli Antonio come un segno di paura del Solimene conseguente ad un proprio coinvolgimento nell’omicidio di Mattia Iavarone».