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giovedì, Marzo 28, 2024
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Mare pulito, in Campania i depuratori non aiutano: solo 5 su 150 sono ok

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Come riportato da ‘Il Corriere del Mezzogiorno’, chi ha scelto il Mediterraneo, ovunque si trovi, potrebbe rintracciare in acqua o sulla sabbia qualcosa che lo riporterà immediatamente con la mente a casa, nella Campania che ha appena lasciato. Quel qualcosa sono dischetti di plastica – filtri a biomassa – che lo scorso inverno, a causa di un guasto, sono fuoriusciti a milioni dall’impianto di depurazione di Verolato, nel Comune di Capaccio, e hanno invaso il Mediterraneo. Tantissimi si sono spiaggiati sulle coste italiane – in Campania,in Sicilia, in Liguria, in Calabria in Toscana – poi in Spagna ed in Francia. Impossibile stimare quanti di quei dischetti di plastica siano ancora in mare alla deriva o siano stati inghiottiti dalle tartarughe marine e dai pesci.

Certo è che se da una storia può essere utile partire per raccontare i problemi della depurazione in Campania, è proprio quella di Capaccio. Esemplifica, infatti, i due poli del problema: impianti malmessi e gestione quantomeno discutibile di molti di essi. Sono circa 150 i depuratori campani ma si contano sulle dita di una sola mano non più di cinque quelli che rispettano le normative europee, le quali prevedono tre cicli di trattamento: chimico, biologico e di abbattimento dei nutrienti ed un impianto per essiccare i fanghi, depotenziando così il problema dello smaltimento a discarica, che è complesso e costa molto. Tra essi c’è il depuratore di Punta Gradelle in funzione da un anno, che serve la Costiera sorrentina, dove però si è trovato il modo di dilapidare due milioni di euro realizzando una strada al servizio esclusivo dei camion per evacuare i fanghi del tutto inutile e tuttora bloccata, che ha inferto un colpo durissimo al paesaggio. Non sono a norma i cinque depuratori realizzati negli anni Settanta dalla Cassa per il Mezzogiorno: Cuma, Acerra, Marcianise, Foce Regi Lagni,Napoli nord. Sono gli impianti che lo scorso inverno finirono al centro dello scandalo sulle presunte trattative illecite per lo smaltimento dei fanghi. Hanno bisogno di interventi di potenziamento ed adeguamento. La gara è stata assegnata ad aprile 2017 ma, fino a qualche settimana fa, solo Cuma era stato trasferito da Sma, la società regionale, ai vincitori della gara. Per gli altri 4 il passaggio di consegne è recentissimo. Storia ancora più lunga è quella dell’impianto di depurazione di Napoli est, in via De Roberto. Tratta i liquami di una parte della metropoli e di molti Comuni dell’hinterland e dal 2004 è sottoposto a procedura di infrazione comunitaria. Per migliorarlo circa 15 anni fa sono stati stanziati 89 milioni di euro da parte del Cipe. La Regione non è riuscita a spenderli, tra ritardi burocratici, contenziosi con gli aggiudicatari della gara ed emergenza rifiuti che ha assorbito risorse.

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Ora c’è un commissario, Vera Corbelli, che ha varato un nuovo bando per aggiudicare la gestione ed i lavori, che dovrebbero cominciare entro qualche mese.
Non va meglio negli impianti più piccoli. L’ultimo esempio arriva da Mercato San Severino, dove venerdì scorso i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Salerno hanno sequestrato il depuratore in località Costa dopo che avevano accertato gravi violazioni in materia ambientale. Non è solo colpa degli impianti di depurazione, peraltro, se il mare campano è ancora lontano da quelle condizioni ottimali che meriterebbe una regione che punta sul turismo. C’è la questione, molto seria, delle decine e decine di Comuni che non sono neppure allacciati ai depuratori, perché non sono stati ancora completati i collettori.

Napoli, per esempio, continua a scaricare a mare, in particolare nel porto, le fogne non trattate di alcuni quartieri. Sono in corso i lavori per rimediare a questo scandalo. C’è, ancora, il tema degli scarichi non censiti. Quelli delle migliaia di case abusive non allacciate alla rete di depurazione e quelli industriali, frutto di attività produttive svolte a nero, dalla zootecnia alla conceria. C’è, infine, la necessità di separare il ciclo delle acque bianche da quelle nere, per evitare che, come accade ora, ad ogni pioggia consistente arrivino a mare migliaia di litri di liquami. Ieri, intanto, l’Arpac ha comunicato che tra Torre del Greco e Torre Annunziata le analisi dell’8 agosto hanno evidenziato una serie di superamenti delle concentrazioni di batteri di origine fecale. I sindaci dovranno emanare le ordinanze di divieto temporaneo di balneazione. Come già accade lungo la costa.

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