Furono loro a segnalare la presenza in piazza Mancini di Salvatore D’Alpino, ‘Tore e brillant’. Furono loro a indicare ai killer chi era l’uomo che doveva morire. Per quel delitto è arrivata questa mattina la pronuncia della Cassazione che ha confermato la sentenza emessa l’estate scorsa dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli nei confronti di ras e gregari del clan Buonerba, i famigerati ‘capelloni’ di via Oronzio Costa. Quel’omicidio fu cercato e voluto come emerso dalle indagini dell’epoca: c’è un’intercettazione in particolare che vide come protagonisti Emilia Sibillo, moglie del boss Giuseppe Buonerba, la cognata Assunta Buonerba e Luigi Scafaro.
Furono loro, secondo l’accusa, a segnalare alla Sibillo la presenza di Salvatore D’Alpino in piazza Mancini. Agguato poi affidato ad Antonio Amoruso, Salvatore Mazio e Luigi Criscuolo. I sicari furono poi aiutati a nascondersi nelle fasi successive al delitto dagli alleati del rione Sanità: Salvatore Sequino e Andrea Manna. In quell’intercettazione la Sibillo disse chiaramente ai suoi:«Questa occasione ce la manda il Padreterno, si deve guardare prima e poi bum bum».
«Era proprio lui?».
Antonio: «Sta la fuori?».
Gino: «La maglietta rosa tiene».
Antonio: «Una maglietta rosa».