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giovedì, Aprile 25, 2024
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Sequestrati due appartamenti al figlio del boss Montescuro, la difesa ‘salva’ tutti gli altri beni del ras di Sant’Erasmo

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La battaglia è aperta. Anzi apertissima. E riguarda i beni del figlio di colui che, per oltre trent’anni, è stato l’arbiter tra i clan di Napoli, quel Carmine Montescuro conosciuto con l’appellativo di ‘o Menuzz, boss di Sant’Erasmo recentemente scomparso. Gli agenti della Sezione Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Polizia Anticrimine hanno dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni, emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti del 61enne Luca Montescuro, figlio di ‘o Menuzz.
Il decreto di confisca ha ad oggetto un appartamento e una guardiola ubicati in via Santa Lucia Filippini, del valore complessivo di circa 500mila euro, acquistati con denaro di provenienza illecita. Una vittoria non completa per la Procura visto che i difensori di Montescuro, gli avvocati Immacolata Romano e Giuseppe Milazzo, hanno conseguito in breve tempo due importanti risultati ridimensionando le accuse a carico del proprio assistito.

Dichiarata inammissibile la sorveglianza speciale per Montescuro junior

Il tribunale di Napoli (Sezione Misure di Prevenzione) ha infatti accolto l’istanza con cui i due difensori sostenevano l’inammissibilità della sorveglianza speciale. La Procura in particolare chiedeva inoltre che venissero sequestrati al Montescuro beni immobili (una casa, la casupola del portiere di un condominio, tre locali adibiti a negozi ed un deposito, tutti ubicati in zona Sant’Erasmo), rapporti bancari e finanziari e due autoveicoli (una Mini Cooper e una Fiat 500X). Il Tribunale, però, nella stessa udienza dove dichiarava inammissibile la richiesta di sorveglianza speciale rigettava anche il sequestro della maggior parte dei beni ad eccezione dei due beni oggetto del presente sequestro. I due difensori, coadiuvati da esperti contabili, con le memorie difensive prodotte dinnanzi al tribunale, sono invece riusciti a far emergere che i soldi con cui tutti i beni sono stati acquistati fossero di provenienza lecita. I due legali hanno fatto sapere che la battaglia continua con l’impugnazione del provvedimento relativo al sequestro dei due beni.

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