Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, è il protagonista della puntata di ieri sera alle 21.25 su Rai2 di Belve Crime, lo spin-off giudiziario del format ideato e condotto da Francesca Fagnani. Proprio nel corso dell’intervista con la giornalista, si consuma uno degli scambi più tesi dell’intera puntata.
Lo scontro sul DNA
Il momento di tensione nasce quando si affronta il tema del DNA rinvenuto sugli indumenti della vittima. Bossetti si infervora e domanda:
“Chi lo dice che era il mio il Dna sugli slip di Yara?”
Poi aggiunge un dettaglio che lo ha sempre lasciato perplesso:
“Quello che mi ha sempre stupito è che, quando è sparita la povera Yara, mi vedo arrivare in cantiere il papà di Yara. Mio cognato mi dice che lui era il papà di Yara”.
Fagnani lo incalza:
“Cosa c’è di tanto anomalo in un comportamento simile?”
Bossetti insiste:
“Cosa c’è di strano? Tutto. Un genitore va in cantiere per vedere cosa facevo lì?”
La conduttrice lo ferma con fermezza:
“Come fa a interpretare cosa sia giusto o non giusto per un genitore che non riesce a trovare la figlia?”.
L’etichetta del “mostro”
Nonostante la condanna definitiva, Bossetti continua a dichiararsi innocente. Alla domanda sul peso che porta dentro, risponde:
“No, non avendo commesso niente, non ho l’inferno dentro di me.Sto bene con me stesso. Mi sento addosso l’etichetta del mostro, come se fosse un tatuaggio stampato in testa che mi trascinerò per il resto dei miei giorni”.
La conduttrice osserva che, durante il processo, Bossetti è stato spesso descritto come una persona ambigua, apparentemente normale, ma con un lato oscuro. Lui respinge questa lettura:
“Vengo percepito ancora come un enigma, vengo percepito così ma non lo sono”.
Quando Fagnani gli chiede se dicesse bugie anche nella vita quotidiana, Bossetti ammette:
“Quando andavo in cantiere dicevo bugie, dicevo che avevo un tumore al cervello perché non mi pagavano, ma questa mia tendenza ha influito sulla condanna”.
Il giorno dell’arresto
La giornalista lo invita a tornare con la memoria al giorno dell’arresto. Bossetti racconta:
“La mia famiglia lo ha saputo in diretta televisiva mentre vedevano Studio Aperto”.
“Mia moglie si è accasciata a terra, piangendo. I carabinieri – sottolinea – hanno provato a tranquillizzarla”.
“Io quel giorno non sono andato a lavorare, ma ho fatto le solite commissioni.Agli atti è stato anche registrato un pagamento che ho effettuato quel giorno.Mia moglie non ricorda che ho fatto tardi, ma alle 19.30 io sono tornato a cena, come sempre”.
Il problema dell’alibi
Quando Fagnani gli fa notare che, secondo gli inquirenti, non aveva un alibi solido, Bossetti ribatte:
“Ho svolto determinate commissioni, recandomi anche da mio fratello, dal commercialista e dal parrucchiere”.
Altro punto critico è il cellulare, che risulta spento nelle ore in cui avvenne il delitto:
“Era scarico, lo caricavo solo la mattina quando andavo in cantiere”.
Fagnani ricorda che in quel periodo c’erano stati litigi con la moglie, la quale dichiarò in aula di non sapere cosa avesse fatto il marito quel giorno. Ma Bossetti non cambia versione:
“Quello è stato sempre un giorno normalissimo per me”.
Alla domanda se, con il senno di poi, non abbia mai fatto più attenzione a quel pomeriggio, replica:
“Non c’è un vuoto. Era un giorno come un altro”.
Il DNA e l’incontro con il padre di Yara
Ancora una volta Bossetti torna a contestare il DNA trovato sugli slip della vittima:
“Chi lo dice che era il mio il Dna sugli slip di Yara?”
Poi ripete il particolare dell’arrivo del padre di Yara in cantiere:
“Quello che mi ha sempre stupito è che, quando è sparita la povera Yara, mi vedo arrivare in cantiere il papà di Yara. Mio cognato mi dice che lui era il papà di Yara”.
Fagnani chiede di nuovo:
“Cosa c’è di tanto anomalo in un comportamento simile?”
Bossetti ribadisce:
“Cosa c’è di strano? Tutto.Un genitore va in cantiere per vedere cosa facevo lì?”
E Fagnani replica:
“Come fa a interpretare cosa sia giusto o non giusto per un genitore che ha perso la figlia?”
Il confronto scientifico
Fagnani sottolinea:
“Le analisi sono state fatte più volte ed è sempre emerso il suo Dna, sugli slip e sui leggings di Yara”.
Bossetti protesta:
“È tutto assurdo, anomalo e incompreso”.
La giornalista incalza:
“Non per la scienza, capisce? Non per la scienza né per la legge”.
Bossetti ribatte:
“Il Dna nucleare, cosa evidenzia?”
Fagnani risponde:
“Il Dna nucleare evidenzia in modo univoco l’identità di una persona.”
Bossetti osserva:
“Il Dna nucleare che normalmente si dovrebbe disperdere a poche settimane, invece era ancora presente”.
E Fagnani puntualizza:
“E neanche poco”.
Poi Bossetti aggiunge:
“Il Dna mitocondriale che è risaputo da tutti, che non si può disperdere, non c’è”.
La conduttrice conclude:
“Però il valore legale e forense ce l’ha il Dna nucleare, è quello che stabilisce l’identità delle persone. E purtroppo per lei e pure per Yara c’era il suo”.
Poi una domanda diretta:
“Però, scusi, poi c’è una domanda banalissima da fare: ma il suo Dna, come ci è finito sugli slip di Yara?”
E Bossetti risponde:
“È quello che vorrei capire anche io”.
Il suicidio tentato in carcere
Infine, Bossetti racconta un momento drammatico della sua detenzione:
“Quando ho scoperto in carcere del tradimento di mia moglie, mi hanno ritrovato con una testa nel lavandino e una cintura al collo.Sono riusciti a correre, a portarmi in infermeria e salvarmi”.
Ammette anche il dolore per non aver pensato ai suoi figli:
“Non ho pensato al dramma dei miei figli che potevano ritrovarsi senza un padre. Io non ricordo”.
Infine, la domanda cruciale di Fagnani:
“Ma lei potrebbe mai confessare?”
Bossetti risponde secco:
“Se fossi stato l’autore del delitto, lo avrei detto. Quindi la risposta è no”.