Assolto perchè il fatto non sussiste. Questa la decisione per Ciro Perrella, il ras del rione Conocal di Ponticelli alla sbarra con l’accusa di aver gestito lo spaccio per conto dei D’Amico. A spuntarla invece le argomentazioni del suo legale, l’avvocato Domenico Dello Iacono, che ha convinto i giudici che non vi fossero elementi oggettivi che provassero il coinvolgimento diretto del suo assistito negli affari del gruppo nè che la droga fosse riconducibile al clan. Assolti anche altre due persone, Salvatore Cirella e Maurizio Di Napoli. Condannati invece i fratelli Ciro e Raffaele Balzamo a sette e otto anni di reclusione. Perrella, condannato per associazione camorristica, balzò agli onori delle cronache qualche anno fa quando in una serie di intercettazioni in carcere ebbe un battibecco con la moglie, Rosaria Scarallo.
L’alterco tra Perrella e la moglie in carcere:«Tu non devi lavorare»
L’uomo, in carcere e rimasto senza soldi, disse alla moglie di voler lavorare con la donna che, parlando di ‘figura di m…’, minacciò il suicidio. Durante uno dei tanti colloqui con la moglie Ciro Parrella dice: «Fino ad ora ce l’ho sempre fatta perché stiamo a due nella stanza. Dobbiamo spendere 160 euro, sono 80 ciascuno. Ora sono solo io perché Paperino (all’anagrafe Rosario Buonomo altro pregiudicato del rione Conocal) non li tiene… hai capito com’è? E la stecca di sigarette, due tabacchi a lui ed è saltato il primo 50 euro. Devo uscire per forza con 110, 120 euro… Rosaria è malamente se mi fanno lavorare con il problema che tengo? Io scendo a lavorare in estate…». La donna non era affatto d’accordo e cominciò ad alterarsi durante il colloquio redarguendo il marito: «Ma che scendi a fare!». E lui: «Mi danno 4/500 euro al mese, ma che ce ne fotte!». La moglie allora replicò piccata: «Tu non lavori. Sull’anima di mio fratello, ci uccidiamo…perché sto sfizio alla gente io non ce lo do…».