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venerdì, Maggio 3, 2024
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L’ex boss Augusto La Torre scrive al neo pentito Schiavone: “Abbia il coraggio e l’onestà intellettuale di dire solo la verità”

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In un appello senza precedenti, Augusto La Torre, l’ex boss del clan di Mondragone psicologo e scrittore invita Francesco Schiavone, noto come “Sandokan”, a raccontare la verità senza filtri. In una lettera indirizzata al suo legale e ad altri destinatari, La Torre pone una serie di interrogativi cruciali sul futuro di Schiavone ora che ha deciso di collaborare con la giustizia dopo 26 anni di detenzione e innumerevoli processi.
La Torre mette in discussione se Schiavone rivelerà dettagli fondamentali sugli intrecci politici e sulla gestione della camorra, incluso il coinvolgimento in omicidi e altri crimini irrisolti. Conoscendo personalmente Schiavone da oltre quarant’anni, La Torre esprime la speranza che egli abbia il coraggio di dire solo la verità senza cedere a pressioni esterne. Oltre alla sua richiesta di sincerità, La Torre sottolinea l’importanza di un’analisi accurata dei processi passati, suggerendo che molte condanne potrebbero essere riviste e annullate se Schiavone fornisse informazioni veritiere.
Questa chiamata alla verità arriva da La Torre, attualmente detenuto a Padova, autore di libri sulla criminalità organizzata, che ha vissuto da protagonista la realtà dei clan Bardellino e dei Casalesi. Con 38 sentenze a suo favore come collaboratore di giustizia, La Torre si è scontrato con i limiti dei benefici premiali di legge, portandolo addirittura a uno sciopero della fame lo scorso novembre.

“Schiavone-Sandokan, dovrà collaborare dopo 26 anni di detenzione e decine e decine di processi ormai irrevocabili, durante i quali lui stesso ha dichiarato che i pentiti mentivano cosa farà adesso, dirà la verità sui pentiti che, secondo le sue dichiarazioni spontanee, avevano dichiarato il falso e si rotolavano nel fango, in primis sul proprio cugino Carmine Schiavone (deceduto) o resterà in silenzio?”.

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La Torre, tra l’altro si chiede anche se saranno rivelati da Schiavone “intrecci con la politica, la gestione della camorra in diversi comuni dell’agro Aversano (richiamando qui nomi di altri collaboratori come Carmine Schiavone, De Simone, Quadrano, Iovine); se Sandokan svelerà i retroscena di un duplice omicidio di due uomini di colore uccisi per sbaglio di fronte all’Hotel Scalzone a Castel Volturno;

se dirà la verità che lui conosce sull’uccisione di Enzo De Falco; se smentirà quanto affermato da suo cugino Carmine sul delitto di don Diana; se rilascerà dichiarazioni sugli affari gestiti con gli stessi suoi stretti parenti e, ancora, se smentirà i pentiti che hanno dichiarato il falso. Oppure resterà in silenzio?”.

E aggiunge: “Personalmente, conoscendo ‘compare Ciccio’ dal 1983-1984, spero possa chiudere la sua storia da uomo, e che quindi abbia il coraggio e l’onestà intellettuale di dire solo la verità che è in sua conoscenza diretta, senza spaventarsi di nulla e senza conformarsi all’altrui volontà o finire in un tritacarne”.

E poi conclude: “Anche se il mio pensiero ha pochissimo valore, ma ha pari dignità di quello di altri conclude ritengo che se Sandokan conserverà la sua autonomia di pensiero e il suo carattere, molti processi dovranno essere rivisti e molte condanne di innocenti dovranno essere annullate”.

Oggi è detenuto a Padova nel Polo universitario, La Torre è stato un importante membro del clan dei Casalesi. Tra il 2003 e il 2020, ha ricevuto 38 sentenze che lo hanno riconosciuto come collaboratore di giustizia dai tribunali di Napoli, Roma e Salerno, senza mai ricevere una condanna all’ergastolo ma con limitati benefici legali.

Questa situazione lo ha spinto a fare uno sciopero della fame lo scorso novembre, interrotto solo dopo aver perso 15 chili e subito dopo un malore che ha richiesto il suo ricovero.

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