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venerdì, Marzo 29, 2024
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Messina Denaro è l’unico boss di Cosa Nostra, le tecniche di comando del ‘padrino’

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Matteo Messina Denaro è ancora riconosciuto come l’unico boss che decide su investiture o destituzioni dei vertici di Cosa nostra. Il ruolo del capomafia trapanese, latitante da 28 anni, emerge dall’inchiesta dei carabinieri del Ros che oggi ha portato al fermo di 22 presunti mafiosi trapanesi e agrigentini.  Anche Messina Denaro è destinatario del provvedimento di fermo, che è stato emesso per 23 persone. Eseguito, però, solo nei confronti di 22 persone. Confermati anche gli storici rapporti tra mafia e Cosa nostra americana non sarebbero mai cessati.

Il superboss Castelvetrano viene fuori nella vicenda relativa al tentativo di alcuni uomini d’onore di esautorare un capo del mandamento di Canicattì. Dall’indagine emerge che per di realizzare il loro progetto i mafiosi avevano bisogno del beneplacito della Primula Rossa che continua, dunque, a decidere le sorti e gli equilibri di potere di Cosa Nostra.

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L’OPERAZIONE CONTRO COSA NOSTRA

L’indagine di stamane colpisce le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi. Coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Gianluca De Leo. L’inchiesta riguarda anche un ispettore e un assistente capo della Polizia, accusati di concorso esterno in associazione mafiosa, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti d’ufficio, e un avvocato.

UNA DONNA AL VERTICE DI COSA NOSTRA

Gli indagati rispondono a vario titolo di mafia, estorsione, favoreggiamento aggravato. Gli inquirenti hanno accertato che Angela Porcello, compagna di un mafioso, aveva assunto un ruolo di vertice in Cosa nostra. La donna organizzò i summit, svolgendo il ruolo di consigliera, suggeritrice e ispiratrice di molte attività dei clan.

Rassicurati dall’avvocato sulla impossibilità di effettuare intercettazioni nel suo studio, i capi dei mandamenti di Canicattì, della famiglia di Ravanusa, Favara e Licata, un ex fedelissimo del boss Bernardo Provenzano di Villabate e il nuovo capo della Stidda si ritrovavano secondo le indagini nello studio per discutere di affari e vicende legate a Cosa nostra.

LE INTERCETTAZIONI

Centinaia di ore di intercettazione disposte dopo che, nel corso dell’inchiesta, con le quali i carabinieri comprendevano la vera natura degli incontri, consentendo agli inquirenti di far luce sugli assetti dei clan. Fatta luce anche sulle dinamiche interne alle cosche e di coglierne in diretta, dalla viva voce di mafiosi di tutta la Sicilia, storie ed evoluzioni. Uno spaccato prezioso che ha portato all’identificazione di personaggi ignoti agli inquirenti e di boss antichi ancora operativi.  Nel mandamento mafioso di Canicattì la Stidda torna a riorganizzarsi e ricompattarsi attorno alle figure di due ergastolani riusciti a ottenere la semilibertà.

IL MANDANTE DELL’OMICIDIO DEL GIUDICE LIVATINO 

In particolare uno dei capimafia, indicato come il mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino, avrebbe sfruttato i premi che in alcuni casi spettano anche ai condannati al carcere a vita, per tornare ad operare sul territorio e rivitalizzare la Stidda che sembrava ormai sconfitta. Dall’indagine dei ROS emerge che emissari statunitensi della “famiglia” dei Gambino di New York, nei mesi scorsi, sarebbero andati a Favara. Proposte dagli States ai clan locali per i business comuni.

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