PUBBLICITÀ
HomeCronaca«Mo che viene lo ammazzo», le accuse del pentito sull'omicidio Ramondino a...

«Mo che viene lo ammazzo», le accuse del pentito sull’omicidio Ramondino a Pianura

PUBBLICITÀ

Un racconto agghiacciante. Di attimi drammatici. Quelli che ‘raccontano’ in presa diretta gli ultimi momenti in vita di Gennaro Ramondino, il baby ras ucciso a Pianura lo scorso primo settembre. A ricostruire la dinamica dell’omicidio e le ‘motivazioni’ dietro lo stesso le dichiarazioni di Domenico Di Napoli che ha tirato in ballo il minorenne P. I. come autore materiale del delitto. Secondo Di Napoli l’omicidio era da ricondurre alla voglia di Ramondino di mettersi in proprio tanto che, nelle ore precedenti il fatto di sangue, lo stesso si sarebbe recato a casa del reggente del clan Massimo Santagata (al momento detenuto) chiedendo alla moglie dove fossero le armi del gruppo. La donna avvertì subito Di Napoli del fatto e, secondo le sue dichiarazioni, il minorenne amico di Ramondino si sarebbe subito distanziato dallo stesso dicendo a Di Napoli:«Io mi appartai con P.I per commentare quello che era successo e come si era comportato Gennaro Ramondino e P.I commentò dicendomi: “Mo che viene lo ammazzo” ». Secondo Di Napoli:«Per non creare confusione nella piazza di spaccio e per timore che… potesse fare quello che aveva minacciato gli dissi che non doveva permettersi di fare un simile gesto. Sembrava che mi avesse ascoltato, ma a quel punto dato che noi avevamo nello scantinato una pistola 9×21 io per timore che lui potesse utilizzarla la portai dentro casa mia, al piano di sopra. P. mi vide. Salii e poggiai l’arma all’ingresso sopra all’appendiabiti, precisando che io lascio sempre la porta dell’abitazione aperta quando la piazza di spaccio è in funzione. Dalle 21 all’una non ho più visto P. , ma sapevo che si trovava giù. In casa ho delle telecamere e quindi posso vedere le persone che arrivano. All’una sono uscito per andare a ritirare dei panini Al ritorno vidi arrivare a bordo di una macchina Gennaro Ramondino, Nunzio Rizzo e Paolo Equabile. Nel momento in cui entrai in casa vidi P. sull’uscio. Il tempo di portare i panini in cucina e sentii scarrellare l’arma, così capii che se n’era impossessato. Lui scese velocemente le scale, io l’ho rincorso. P. puntò la pistola al petto di Gennaro Ramondino sparando diverse volte».

L’arresto di Rizzo e Equabile

Per l’omicidio Ramondino il mese scorso sono stati arrestati Nunzio Rizzo e Paolo Equabile, 30 e 28 anni, entrambi del Rione Traiano. Secondo la ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare (firmata dal gip Leda Rossetti), i due uomini avrebbero dato alle fiamme il corpo di Ramondino ucciso poche ore prima con diversi colpi esplosi da una pistola calibro 9×21. Nel registro degli indagati figurerebbero altri due giovanissimi che, secondo gli inquirenti, avrebbero svolto un attivitá di depistaggio sulle indagini.  L’accelerata alle indagini sarebbe avvenuta per un episodio alquanto singolare: la sera del delitto il minore avrebbe sottratto l’auto ad un suo conoscente che, una volta ripreso il mezzo, avrebbe notato un forte odore di benzina insospettendosi visto che nel quartiere già era iniziata a circolare la voce di un omicidio avvenuto a Pianura.

PUBBLICITÀ

L’articolo precedente. Omicidio Ramondino a Pianura, il minore arrestato:”Influenzato dai maggiorenni del clan”

Ha ammesso di aver sparato a Gennaro Ramondino spiegando però di essere stato indotto dai maggiorenni del clan. È questo il ‘cuore’ dell’interrogatorio del 16enne raggiunto questa mattina da ordinanza di custodia cautelare presso un istituto penitenziario minorile relativamente all’omicidio di Gennaro Ramondino avvenuto nella notte del 31 agosto scorso il cui cadavere è stato rinvenuto carbonizzato tra le sterpaglie in una zona di campagna del quartiere di Pianura. Le indagini della squadra mobile di Napoli, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura per i Minorenni di Napoli, hanno consentito di individuare il luogo in cui l’omicidio sarebbe avvenuto – un sottoscala sito in Via Comunale Napoli nel quartiere di Pianura, generalmente utilizzato dai gruppi criminali della zona come “piazza di spaccio” – e le modalità nelle quali lo stesso si sarebbe consumato.

In particolare, il minore destinatario del provvedimento cautelare, attualmente già detenuto per altra causa, nella serata dello scorso 31 agosto, avrebbe esploso all’indirizzo della vittima alcuni colpi d’arma da fuoco a bruciapelo, uccidendolo sul colpo. Lo stesso, con l’ausilio di alcuni complici, si sarebbe poi adoperato per trasportare il cadavere in aperta campagna – dove poi è stato ritrovato carbonizzato – e per eliminare ogni traccia del delitto nei locali del sottoscala in cui era avvenuto l’omicidio. In sede di interrogatorio il ragazzino, assistito dall’avvocato Antonella Regine, ha spiegato di far parte del ‘contesto’, di non essersi mai impossessato della pistola appartenente ad uno degli indagati ma anzi di essere stato indotto a sparare dopo essere stato notevolmente influenzato da ciò che gli affiliati di maggiore età raccontavano di Ramondino e cioè che lo stesso avrebbe voluto porsi a capo del gruppo Santagata e che si sarebbe reso responsabile di un ammanco nelle casse del clan. I maggiorenni, secondo il 16enne, gli avrebbero spiegato che ‘andava fatto’ e che le conseguenze per lui sarebbero state minime vista la sua giovane età. L’ordine, secondo quanto si apprende, sarebbe arrivato direttamente dal carcere. Durante l’interrogatorio il giovane ha tenuto a precisare di non essersi impossessato di alcuna pistola (sconfessando quanto dichiarato da una delle persone sentite dagli inquirenti) e che il delitto non era premeditato visto che essendo molto amico della vittima avrebbe potuto ucciderla in uno dei numerosi momenti trascorsi insieme. In aggiunta ha spiegato di non aver contribuito a disfarsi del corpo di Ramondino. La difesa del giovane ha evidenziato tale punto sottolineando che la giovane età del ragazzo e le cattive influenze avrebbero portato il giovane a compiere l’omicidio.

PUBBLICITÀ