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mercoledì, Giugno 26, 2024
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Pestaggi nel carcere di Santa Maria C.V, il detenuto: “Avevo il busto”

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“Avevo il busto per gravi problemi alla schiena, dissi che non ne potevo fare a meno, un agente lo ripeté a un collega che mi colpì con un manganello sulla schiena, quindi fui preso a schiaffi, passando da un agente all’altro come una pallina di ping pong nel corridoio“. Oggi ha parlato Emilio Lavoretano, che sta scontando la pena definitiva a 27 anni per l’omicidio della moglie Katia Tondi, al processo per i pestaggi in carcere commessi nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Un processo che vede imputate davanti al collegio di Corte d’Assise del tribunale sammaritano 105 persone tra agenti, funzionari del DAP e medici dell’Asl Caserta. Lavoretano, costituitosi parte civile, era nella sezione Nilo quando iniziò la perquisizione.

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“VOLTO COPERTO DA CASCHI E BANDANA”

L’uomo, sottoposto all’esame del pubblico ministero Alessandra Pinto, ha raccontato che il 6 aprile entrarono nella sua cella “agenti con manganelli da me non riconosciuti perché avevano il volto coperto da caschi e bandana“. Afferma che “il carcere fu preso in mano da agenti esterni che non conoscevamo, ci dissero che erano di Secondigliano, anche i giorni successivi ai fatti, mentre quelli in servizio in carcere sembravano inermi, non potevano fare nulla, qualcuno – riconosciuto poi nell’imputato Biagio Braccio – era avvilito e cercò di darci anche dei consigli, un altro, una brava persona, provò ad aiutarmi (si riferisce a Paolo Buro n.d.r).

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