L’operazione messa a segno dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli, che ha portato all’esecuzione di 22 ordinanze di custodia cautelare, ricostruisce in dettaglio la struttura e le attività del clan Licciardi, parte integrante dell’Alleanza di Secondigliano. Gli inquirenti hanno messo a nudo un’organizzazione criminale articolata in più gruppi territoriali tra Masseria Cardone, Rione Don Guanella, Rione Berlingieri e Vasto
Ogni gruppo, rispetto a quanto si legge nell’ordinanza, avrebbe avuto precise ripartizioni di ruoli e responsabilità, ma tutti riconducibili al vertice del clan.
Il clan Licciardi non agiva in isolamento, ma in stretta collaborazione con altre famiglie mafiose radicate a Napoli e nell’hinterland, come i Contini, i Bosti e i Mallardo, e con gruppi satelliti e alleati sparsi in vari quartieri e comuni limitrofi. L’Alleanza di Secondigliano permetteva così di esercitare un controllo capillare sul territorio, consolidare la coesione interna e stabilire rapporti di supremazia sui gruppi camorristici più piccoli, in modo da ottenere il controllo delle attività economiche e immobiliari.
Il clan Licciardi avrebbe esercitato anche un forte condizionamento politico, mirato a influenzare le elezioni comunali e regionali. Questo sarebbe avvenuto tramite il procacciamento di voti per candidati riconducibili all’organizzazione o ai suoi interessi, creando un sistema di scambio politico-economico: favori, appalti pubblici, concessioni e vantaggi per imprese collegate al sodalizio. L’obiettivo era consolidare la propria egemonia e assicurare che le istituzioni locali fossero permeabili agli interessi dell’organizzazione.


