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domenica, Aprile 28, 2024
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Racket a Giugliano per il clan Mallardo, cinque condanne

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Sono arrivate le condanne nel processo  a carico dei 5 soggetti indagati nell’inchiesta sul racket del clan Mallardo. Alla sbarra Ernesto Cecere, Gennaro Maraniello, Gaetano Mele, Giuseppe Mele e Nicola Sarnataro (difesi dagli avvocati Celestino Gentile, Michele Giametta, Luigi Poziello ed Alessandro Caserta): rispondono dei reati a loro contestati a vario titolo: tentata estorsione continuata e di ricettazione aggravati dal cosiddetto ‘metodo mafioso’.

Il GUP Dottoressa Ivana Salvatore, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato:

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Mele Gaetano, difeso dall’avvocato Luigi Poziello, ad anni 5 mesi 4 di reclusione (Il pubblico ministero della DDA aveva chiesto 10 anni di reclusione); lo ha assolto da un’estorsione

Mele Giuseppe, difeso dagli avvocati Celestino Gentile e Alessandro Caserta, anni 5 mesi 4 di reclusione (Il pubblico ministero della DDA aveva chiesto 10 anni di reclusione); lo ha assolto da un’estorsione

Maraniello Gennaro, difeso dagli avvocati Michele Giametta e Luigi Poziello, condanna ad anni 6 di reclusione (il pubblico ministero aveva chiesto 9 anni e 6 mesi di reclusione)

Sarnataro Nicola, difeso dall’avvocato Alessandro Caserta, anni 6 di reclusione (Il PM aveva chiesto 10 anni)

Cecere Ernesto, difeso dagli avvocati Luigi Poziello e Domenico Pennacchio, anni 3 mesi 4 di reclusione (il PM aveva chiesto 6 anni di reclusione).

La ricostruzione dell’inchiesta

Sono almeno 5 gli episodi estorisivi subiti da imprenditori che avevano aperto cantieri a Giugliano da febbraio allo scorso mese di aprile. Dalle indagini è emerso che per recarsi nei cantieri dove chiedere il pizzo gli indagati usavano moto con targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli. In particolare, le condotte estorsive sarebbero state poste in essere tra i mesi di marzo ed aprile 2023, in danno, nello specifico, di vari imprenditori edili. Nei confronti dei quali, mediante minacce, gli indagati avrebbero preteso il pagamento di tangenti per consentire la prosecuzione dei lavori intrapresi nel suddetto Comune. Presi di mira soprattutto cantieri edili di costruzioni private.

A tale scopo, per recarsi presso i cantieri, venivano utilizzati dagli indagati motoveicoli cui erano apposte targhe in precedenza sottratte ad altri veicoli. Il dettaglio emerge dalle intercettazioni ambientali.

La denuncia delle vittime e l’autodenuncia al clan

Le indagini sono partite dalle denunce di alcuni imprenditori che si sono presentati in Caserma a Giugliano per raccontare l’accaduto. Ai carabinieri una delle vittime portò anche i filmati del cantiere dove gli estorsori si erano recati per portare a termine le proprie minacce.

A quel punto i carabinieri iniziano una serie di intercettazioni, grazie alle quali riescono a ricostruire il gruppo che andava a terrorizzare i cantieri del Giuglianese. Grazie al sistema di localizzazione GPS istallato sullo scooter di Pino Mele, i carabinieri riuscirono ad individuare e a localizzare il luogo dove si erano recati per effettuare l’estorsione. Giunti sul posto i militari chiesero ad uno dei proprietari dello stabile dove erano in corso lavori di ristrutturazione perché non ci fossero operai sul cantiere. L’uomo si giustificò dicendo che gli operai erano via per una asserita mancanza di materiale. A quel punto l’imprenditore chiamò l’operaio che era stato minacciato, il quale raccontò la verità di ciò che era successo: ovvero che erano stati costretti ad andare via dopo le minacce degli estorsori del clan. Fatto del quale l’imprenditore, a quanto pare, non era stato messo a conoscenza.

Alcuni imprenditori, invece, avevano già comunicato al clan l’inizio dei lavori. Comportamento questo di chi si dichiara disponibile a pagamenti di natura estorsiva senza necessità di “visita” al cantiere. Come ad esempio aveva fatto una delle vittime che un mese prima era andato dal clan Mallardo per avvisarli dell’apertura del cantiere. Gaetano Mele si lamenta di essere uscito inutilmente: “Ci siamo fatti un’uscita a vuoto…e racconta di aver rimproverato la vittima di non aver avvisato che aveva un cantiere in atto “. Questo però gli aveva, risposto di aver notiziato il clan un mese prima.

Anche in un altro caso il titolare di un’impresa che aveva iniziato lavori di ristrutturazione presso la sua palazzina aveva provveduto a comunicare anticipatamente ad un affiliato del clan l’inizio del cantiere.

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Antonio Mangione
Antonio Mangionehttp://www.internapoli.it
Giornalista pubblicita iscritto dalll'ottobre 2010 all'albo dei Pubblicisti, ho iniziato questo lavoro nel 2008 scrivendo con testate locali come AbbiAbbè e InterNapoli.it. Poi sono stato corrispondente e redattore per 4 anni per il quotidiano Cronache di Napoli dove mi sono occupato di cronaca, attualità e politica fino al 2014. Poi ho collaborato con testate sportive come PerSempreNapoli.it e diverse testate televisive. Dal 2014 sono caporedattore della testata giornalistica InterNapoli.it e collaboro con il quotidiamo Il Roma
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