Pasquale Pezzullo e Carlo Vitale sono stati accusati di aver chiesto il pizzo in un bar a Frattamaggiore. A luglio del 2025, i due esattori del clan Orefice avrebbero minacciato il dipendente dell’attività attraverso un’imbasciata da riportare poi al titolare.
“Ci vediamo il 28 di questo mese … ieri sono passato ma ci stava tua sorella e lei mi ha detto di ripassare stasera ma le ho detto che sarei passato direttamente domani”. La vittima avrebbe risposto di avere problemi e di aver parlato con Luigi Orefice, figlio del ras. Alla fine di luglio, Pezzullo si sarebbe fatto consegnare la rata estorsiva di Ferragosto dal titolare del bar .
Racket per il clan Orefice
Lo scorso 12 agosto la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura Distrettuale, nei confronti di 6 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di estorsione tentata e consumata aggravate dal metodo mafioso, fatti avvenuti tra la fine del 2021 fino al luglio scorso.
Il provvedimento restrittivo compendiava gli esiti delle indagini svolte dagli agenti della Squadra Mobile di Napoli e del Commissariato di Frattamaggiore che hanno accertato una condotta estorsiva praticata ai danni del titolare di un bar nel comune di Frattamaggiore da appartenenti al clan Orefice di Frattamaggiore. Così in manette sono finiti Salvatore Anastasio, Pasquale Pezzullo, Carlo Vitale, Domenico D’Antò, il ras Michele Orefice e il figlio Luigi.
La rata del pizzo della camorra a Ferragosto
In particolare, è emerso che gli indagati, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà imposta sul territorio, avrebbero costretto l’imprenditore a pagare il “pizzo” per un importo iniziale di 6000 euro annui, suddiviso in tre rate nelle classiche ricorrenze di Natale, Pasqua e Ferragosto, sceso poi a 1500 euro.