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venerdì, Aprile 19, 2024
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Spari in carcere, pistola portata da un agente:«Avevano mio figlio in ostaggio»

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Era riuscito a sparare cinque colpi ma senza ferire nessuno nel carcere di Frosinone lo scorso 19 settembre. Alessio Peluso, era entrato in possesso di un’arma da fuoco – che all’epoca dei fatti si pensava fosse arrivata tramite un drone – e anche di uno smartphone, attraverso le sbarre. Un agente di polizia avrebbe ammesso le sue colpe riguardo quell’episodio. «Avevano sequestrato mia moglie e i miei figli. Li tenevano con una pistola puntata alla testa. Sono stato costretto a farlo. Ho portato io nella sezione alta sicurezza del carcere quell’arma», ha raccontato a la Repubblica. Sarebbe stato lui ad aver consegnato a Peluso la semiautomatica che il 29enne, ritenuto un esponente della camorra, e che ha utilizzato l’arma per cercare di uccidere altri detenuti da cui era stato aggredito. Sull’arma era già stata abrasa la matricola per rendere irriconoscibile la sua provenienza. Il racconto del poliziotto, che è ora al vaglio degli inquirenti, apre nuovi scenari. Intanto le autorità indagano sul regolamento di conti tra clan dietro alle sbarre della sezione di massima sicurezza.

L’articolo precedente: Una vendetta dietro gli spari in carcere a Frosinone

Sarebbe stata una ‘vendetta’ per un pestaggio subito. Quella di Alessio Peluso, giovane ras di ‘Abbasc Miano’, contro un gruppetto con cui avrebbe avuto un diverbio. E’ questo il retroscena della clamorosa sparatoria avvenuta un mese e mezzo fa nel carcere di Frosinone dove Peluso, conosciuto negli ambienti criminali con l’appellativo di ‘o nir, avrebbe esploso dei colpi di pistola contro altri detenuti. Tra loro anche un narcos degli Amato-Pagano. Arma che, molto probabilmente, sarebbe giunta dietro le sbarre portata da un drone (leggi qui l’articolo di lancio). Per quella vicenda è giunto dalla Procura di Frosinone un avviso di conclusione di indagini a carico di Mario AvolioBlerim SulejmaniGenny EspositoMarco Corona e Andrea Kerkanaj e a firma del sostituto procuratore Adolfo Coletta.

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La vendetta di Alessio Peluso dopo il pestaggio subito

I cinque sono indagati per sequestro di persona pluriaggravata e concorso in lesioni personali perchè durante il periodo di apertura delle celle e di libero passeggio dei detenuti avrebbero con atteso l’arrivo di Peluso trattenendolo all’interno di una cella e chiudendo la stessa. Non solo. Alcuni di loro avrebbero presidiato il passaggio impedendo agli altri detenuti di accedervi e ritardando l’intervento degli agenti della penitenziaria. Da lì sarebbe scattata una rissa con Corona, Esposito e Kercanaj che si sarebbero avventati contro Peluso provocandogli lesioni gravi tra cui la frattura dello zigomo. Un vero e proprio pestaggio con il ras di Miano che, nei giorni successivi, avrebbe cercato di vendicare con la clamorosa sparatoria in carcere.

Tra le persone coinvolte l’ex braccio destro di Rosaria Pagano: è un narcos degli Amato-Pagano

Tra i profili più noti emerge quello di Mario Avolio, conosciuto con l’appellativo di ‘o ciurar. Ex braccio destro di Rosaria Pagano, Avolio è indicato da diverse informative come un elemento di punta del clan Amato-Pagano. Avolio nel 2018 è stato condannato a vent’anni di reclusione. Dopo la rottura dai capi del gruppo di Melito avrebbe poi creato un proprio sottogruppo criminale specializzato nell’importazione di cocaina e hashish. Una personalità, quella di Avolio, di assoluta valenza criminale, tanto che quando Cesare Pagano era in Spagna da latitante Avolio sarebbe stata una delle poche persone a sapere dove si trovasse il capo degli Scissionisti.

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