L’ULTIMA ACCUSA DI “PADRE- CORAGGIO”

CASTEL MONTELEONE (MARANO)-Prete scomodo e coraggioso. “Con questa mia lettera voglio salutare tutti i fratelli e le sorelle di Monteleone (…) con i quali ho avuto la missione di essere loro pastore per 2 anni. (…) Ho cercato di fare il meglio possibile, ho messo tutto il mio coraggio e lo zelo di cristiano (…) ma non sempre le intenzioni hanno avuto l’effetto sperato”. Con queste righe affisse all’ingresso della chiesa, padre Luigi Bergamin, 50 anni originario di Castelfranco Veneto, lascia per sempre la piccola comunità di Sant’Alfonso Maria de Liguori, a Castel Monteleone, una piccola frazione di Marano. Sfrattato dalla diocesi di Pozzuoli, cui la parrocchia appartiene.
Un prete controcorrente. È un uomo che dedica la sua vita agli altri. Per scelta, per autentica vocazione. Ha una missione precisa: i ragazzi. Vuole dare ai giovani un motivo per migliorarsi: illuminati dalla fede in Cristo. Una mosca bianca nella provincia radicata alle tradizioni.
Don Luigi avrebbe “dato fastidio” a qualcuno d’ “importante” nella zona. Il suo impegno si e’ esteso presto alla sfera sociale . Non accettava le ingiustizie, non giustificava che “certe tradizioni fossero più importanti della fede”.
“Forse ho toccato certi ‘interessi’ nella zona o diocesi – rammenta il parroco – ma il mio dovere mi imponeva di dire la verità e di fare chiarezza su scelte che riguardano la pastorale da difendere con coraggio (…). Se non lo facciamo noi preti…!”
Alla base del fatto ci sarebbe lo scontro fra il sacerdote e il vescovo Padoin. Fu nominato da quest’ultimo supervisore ai lavori della nuova chiesa di Quarto. Esaminati i progetti ,giudicati insoddisfacenti , bloccò il proseguo delle attività. Criticò tra l’altro il giro di interessi intorno al piano di lavoro. Presto la sua nomina fu ritirata..
Don Luigi avrebbe inoltre denunciato il fatto che alcuni preti si facessero pagare per l’esercizio dei sacramenti.Una sorta di listino prezzi per matrimoni, prime comunioni, battesimi. Anche così si era creato parecchie inimicizie a Quarto.
Ora che è a Roma tutti ne avvertono la mancanza. Era riuscito a dare un nuovo assetto alla parrocchia: la comunità era giunta a un seria crisi, dovuta ad una religiosità vuota, priva di contenuti. Con padre Bergamin, due anni fa, la svolta.
“Eppure – dice un suo parrocchiano- c’è stata sempre una limpida coerenza nelle sue scelte di uomo, di cristiano, di sacerdote. E’ stato così coerente da creare imbarazzo perfino in certi ambienti, compresi quelli curiali: sapeva di essere diventato un prete scomodo”.
Lasciava trasparire la gioia grande e profonda che gli dava l’essere sacerdote. Quanti lo conoscono attestano che si presenta, nei diversi momenti e aspetti del ministero, come una persona molto amabile, accogliente, serena. Sa mettere ciascuno a suo agio, conquistarsi la simpatia e la confidenza, invitare al dialogo con modestia e mitezza, senza arroganza e senza alcuna falsa sicurezza. Don Bergamin è dunque un uomo essenziale e immediato, un uomo che non cerca né protagonismi né riconoscimenti.
Per i ragazzi un’idea fissa, quasi una ossessione: renderli protagonisti fino in fondo delle loro vite, renderli capaci di saper discernere la realtà circostante.
“Don Bergamin è stato cacciato perché ha creduto nel Vangelo e lo ha testimoniato fino alla fine ” dice la gente che lo ha conosciuto e che ora lo rivorrebbe .
“Dovevo fare il mio dovere anche se questo poteva apparire scomodo. Forse non ho avuto la capacità di spiegarmi bene, o forse alcuni erano troppo ‘abituati’ in un altro modo di esprimere la fede…” si legge nella lettera di saluto affissa all’ingresso della Chiesa. Non c’era niente di ideologico nella sua azione, solo l’amore e la donazione generosa a Dio e ai fratelli.